La
leggenda di King
Arthur
è sempre e comunque affascinante e coinvolgente per gli amanti del
genere fantastico-avventura-azione. Nella versione del 2017
dell’inglese Guy
Ritchie
(noto al grande pubblico per due delle versioni del recente Sherlock
Holmes hollywoodiano), si dà molto peso all’azione, agli effetti
speciali, alle riprese assai dinamiche dei fatti narrati, in un
susseguirsi fluido e avvincente. L’amicizia è la vera protagonista
della sceneggiatura di Joby
Harold,
che inizia e conclude il suo racconto con una frase ovvia, ma non
sempre scontata nella realtà vera: «Perché
avere nemici invece di amici?».
Il
cast di attori è ottimo, dal protagonista Charlie
Hunnam
(Arther) al re tiranno e spietato usurpatore Jude
Law
(Vortigern), dalla giovane maga Astrid
Berges-Frisbey
(Guinevere) al re tradito Eric
Bana
(Uther), a tutti gli altri attori inglesi e statunitensi.
Il
film, come tutti sanno già, è la storia del leggendario King Arthur
che da giovane e scapestrato ladruncolo dei bassi fondi londinesi,
riesce a riprendere il trono che era stato del padre ucciso a
tradimento dall’amato fratello che col sangue e con l’inganno
aveva preso il potere reale d’Inghilterra. Il piccolo Pendragon,
salvato alla morte dal padre che lo nasconde in una piccola barca che
si allontana lungo il Tamigi (così come Mosè lungo il Nilo nel
vecchio testamento), viene salvato da una prostituta che lo alleva e
lo cresce come un figlio. È lì che Pendragon,
divenuto poi Arthur, apprende i segreti della vita e dell’arrangiarsi
per sopravvivere e per divenire un vero capo; ed è lì che Arthur
conosce la vera amicizia fatta di lealtà e fratellanza, anche a
costo della vita. Saranno questi gli strumenti esperienziali che lo
aiuteranno a vincere contro il potente e crudele zio tiranno
Vortigern.
Tutto
il resto della leggenda è da scoprire nelle sale cinematografiche,
anche perché non è così scontata come sembra.
ANDREA
GIOSTRA.