Il
fantascientifico film di Sanders
è un libero remake
del “Ghost
in the Shell”
di Mamoru
Oshii
del 1995,
presentato al Festival
di Venezia
di allora, e in concorso al Festival
di Cannes
del 2004
con
il sequel
“Innocence”
(tradotto
dalla distribuzione italiana con “Ghost
in the Shell: L'Attacco dei Cyborg”),
che vide una produzione nipponico-britannica. La sceneggiatura del
’95 porta la firma di Masamune
Shirow
e Kazunori
Ito.
Il Film, per certi versi, fu destrutturante nella rielaborazione
dell’approccio cyber-punk occidentale e innescava nello spettatore
elementi di riflessione sulla probabile evoluzione cibernetica
futuristica dell’essere umano dell’anno 2029.
La
produzione statunitense del 2017
riprende proprio quell’importante concetto, lo fa proprio e pone
allo spettatore, ovviamente in modo indiretto, una serie di domande
interessanti e inquietanti al contempo: Cosa succede se è l’intero
corpo ad essere sostituito da un robot indistruttibile con
all’interno un cervello umano perfettamente funzionante? Cosa si
innesca nelle dinamiche soci-relazionali di questo essere
imprigionato in uno shell
(guscio) con poteri straordinari? Qual è l’evoluzione psicologica
di un uomo-robot-cybernetico che prova emozioni e sentimenti (ghost)
che non possono trovare corrispondenza e conforto negli altri esseri
umani? Qual è la solitudine che si sperimenta e come la si può
superare? Quali sono i margini di libertà che ad un essere di
siffatta natura restano per esercitare il suo “libero arbitrio”?
Sono
questi i dilemmi che scaturiscono dalla visione del film, che la
sceneggiatura di Jonathan
Herman
e Jamie
Moss,
con la regia di Sanders, pongono allo spettatore.
L’interpretazione
di Scarlett
Johansson,
il Maggiore, è eccellente. Quale membro operativo della Task Force
Sezione 9, ha il compito di combattere il terrorismo di un mondo
futuristico, già ben descritto da Ridley
Scott
con il suo meraviglioso Blade
Runner
del 1982.
Il nemico principale, da trovare e da uccidere ad ogni costo, è il
potente, indefinito e imprendibile Kuze
(Michael
Pitt),
un misterioso terrorista che la Section 9, coordinata-operativamente
proprio dal Maggiore, ha il compito di scovare ed eliminare. Quello
che però emerge lentamente, è che Kuze non è altro che l’ultimo
delle decine di esperimenti cybernetici condotti negli anni dalla
scienziata Dott.ssa
Quelet
(Juliette
Binoche)
della Hanka
Robotics,
per riuscire alla fine a costruire l’essere perfetto e
indistruttibile - il Maggiore appunto! - venduto al Governo per
potenziare l’anti-terroristica Section 9 al cui comando c’è il
potente e furbissimo Daisuke
Aramaki
(interpretato in lingua giapponese dal bravo Takeshi
Kitano).
Ma
è dall’imprevedibile ed improbabile incontro tra il Maggiore e
Kuze che viene svelata la loro vera natura e tutto quello che c’è
dietro alla Section 9 e i relativi esperimenti della Hanka Robotics.
Ma tutto questo lo spettatore lo vedrà al cinema!
Il
film, con la sua interessante narrazione cinematografica, sviluppa
una serie di elementi che arricchiscono la visione rendendo
indubbiamente affascinante ed attraente la visione per gli amanti
cinefili del genere fanta-scientifico condito con componenti
futuristici, sperimentali, riflessivi, robotici, cybernetici, ma
anche psico-dinamici e introspettivi.
Con
“Ghost in the Shell” del 2017 è iniziato un nuovo sequel
fantascientifico? Lo vedremo negli anni a venire. Quello che è
certo, è che la produzione statunitense non ha badato a spese e
all’utilizzo di innovative e costosissime tecnologie informatiche
cinematografiche per riuscire a creare un prodotto di alta qualità
che certamente sarà apprezzato da chi ama questo genere filmico.
ANDREA
GIOSTRA.