Alessandro Baccini, giovane attore e regista lucchese, conversa con noi di Settima Arte. L'intervista di Fattitaliani: diversamente dai miei personaggi, nella vita reale non mi sono mai innamorato

Alessandro Baccini è un giovane attore e regista che ho incontrato poche settimane fa, presentatomi da Walter Nestola, giovane regista emergente. Dopo le presentazioni di rito e dopo una breve chiacchierata, abbiamo deciso di fare una conversazione-intervista sulla settima Arte e sull’Arte in generale secondo la prospettiva di Alessandro, e secondo la sua esperienza di attore, di regista e di artista.

Alessandro Baccini è un ragazzo nato a Lucca nel 1985, quindi è giovanissimo, anche se ha già maturato diverse esperienze professionali all’interno del mondo della recitazione e della Settima Arte.
Fin da bambino Alessandro è stato trascinato da due grandi passioni: lo sport e l’arte! Ha praticato diversi sport dei quali ci parlerà, ma soprattutto, subito dopo la maturità, decide che è giunto il momento per imparare l’Arte che vuole esercitare per la vita, per acquisire l’abilità nell’uso degli “strumenti di lavoro” che i Grandi “Maestri d’Arte” rinascimentale trasmettevano ai loro allievi con dedizione e passione! Ha quindi frequentato diverse importanti Scuole di recitazione, ed anche di questo Alessandro ci parlerà nella nostra chiacchierata.
La sua svolta professionale avvenne con Leonardo Pieraccioni che nel 2007 lo scelse per una parte suo Film di successo “Una moglie bellissima”. Quell’esperienza per Alessandro fu il primo importante gradino sul quale ha poggiato i primi passi della sua carriera, che da quel mometo continuerà con tutti i lavori di cui ci parlerà. Basti solo citare, in questa presentazione, alcune importanti collaborazioni: con Domenico Costanzo in “Io faccio il rock” del 2008; ancora con Leonardo Pieraccioni nel video del 2009 “Pieraccioni che canta”; e poi la partecipazione al reality “The Italia Job” del 2009; sempre con Leonardo Pieraccioni, recita una parte nel Film del 2009 “Io e Marilyn” e ancora nel 2011 nel Film “Finalmente la Felicità”; ed altre produzioni ancora delle quali ci racconterà.
L’altra svolta di Alessandro avvenne nel 2014, con la presentazione in anteprima nazionale, al Cinema Centrale di Lucca, della Sua Opera Prima quale regista: “Una Ragione per Combattere”. Primo Film italiano sui combattimenti clandestini: fenomeno italiano sommerso ed inquietante di scommesse clandestine del quale nessun mezzo di comunicazione di massa parla mai! Il Film riscuote l’interesse culturale della politica italiana, tanto che il 22 ottobre dello stesso anno viene chiesto ad Alessandro di proiettarlo alla Camera dei Deputati, presso Palazzo Montecitorio a Roma, come Film di interesse nazionale.
Nel 2015 il film è stato distribuito in tutta Italia dalla casa di distribuzione “30 Holding srl”; mentre di recente è stato acquisito da una casa di produzione americana che si è occupata del doppiaggio in inglese per la successiva distribuzione mondiale.
Il 2016 è ospite al Festival di Cannes per il medio-metraggio “Ashyxia” di cui è protagonista. Anche di questo parleremo.
Ciao Alessandro, e benvenuto per questa intervista-chiacchierata. Intanto Ti ringrazio per aver accettato. Non è un’intervista vera e propria, ma mi piace confrontarmi con gli artisti che conosco e spesso ne nascono delle belle conversazioni sull’Arte che trascrivo e diventano degli articoli da pubblicare sul Magazine.
Alessandro, prima di iniziare questa conversazione, ho dato un’occhiata al tuo Web-Site, e hai scritto una frase che mi appare come l’incipit del tuo essere Uomo-Artista. La frase è questa: «Meglio andare per la propria strada, che essere l'ombra di chi l'ha trovata». Se volessi spiegarla ai nostri lettori, cosa diresti loro di queste parole che lasciano intendere qualcosa dell’Alessandro-Uomo, prima che dell’Alessandro-Artista?
Buongiorno Andrea e grazie per l’opportunità che mi offri con questa intervista.
La frase riassume perfettamente quella che è stata la mia esperienza lavorativa e di vita fino ad oggi. Ho avuto modo infatti di osservare molti colleghi che cercano in ogni modo di seguire qualcuno, imitandolo e di provare a fare la stessa cosa di artisti già realizzati ed affermati. Anch’io, agli albori della mia carriera, ragionavo verso quella direzione per capire poi che la strada migliore da percorrere è quella esclusivamente personale che ti rende unico, che ti fa crescere e maturare anche attraverso inevitabili errori di percorso; dagli altri deve carpire solo qualcosa di buono da fare, però deve diventare tuo, senza scimmiottare nessuno. Io pratico da tanti anni arti marziali, in particolar modo il Jeet Kune Do, arte marziale fondata dal grande Bruce Lee che uso spesso nelle mie coreografie. Il Jeet Kune Do non è solo un'arte marziale, ma soprattutto, come spesso succede nelle discipline orientali, una filosofia di vita che insegna appunto a prendere ciò che c'è di buono in ogni stile, che sia Karate, Kung Fu, Judo ecc... Ecco, io questa filosofia la applico nella vita e nel lavoro prendendo ciò che di buono vedo negli altri, personalizzandolo però secondo il mio stile e andando per la mia strada come piace a me.
Alessandro, ricordi quando e come hai scoperto il tuo talento? Come hai scoperto l’Arte? Ed il cinema in particolare? Cosa è successo che ti ha “costretto” a questa “mission” d’Artista?
La “colpa”, se così possiamo dire, è stata tutta di mia madre. A dieci anni mi “costrinse” infatti ad andare con lei a vedere il kolossal Titanic di James Cameron. Il film era uscito da più di un mese nelle sale italiane e non si parlava d’altro. Fu la prima volta che vedevo un film sul grande schermo, ma l’idea, visto il genere, per me cresciuto a film horror che adoravo, non mi entusiasmava granché. Ma la visione di Titanic fu per me la classica folgorazione sulla via di Damasco. Rimasi impressionato da tutto, a partire dagli attori con un Di Caprio eccezionale per finire con gli effetti speciali e la colonna sonora. Usciti dal cinema dissi a mia madre che da grande avrei voluto fare anch’io dei film!
Ha fatto bene allora tua mamma a portarti al cinema pe vedere un film che mai avresti visto se avessi dovuto decidere da solo! (sorrido!).
Uno dei più Grandi Registi italiani di tutti i tempi, nel 1995 ebbe a dire questa frase durante un suo discorso pubblico. «Il cinema lo chiamerei semplicemente vita. Non credo di aver mai avuto una vita al di fuori del cinema; e in qualche modo è stato, lo riconosco, una limitazione.» Chi disse queste parole è una Very Big Star internazionale, conosciuta nel mondo intero con il nome di Bernardo Bertolucci!
Tu, Alessandro, cosa pensi di questa profonda e importante riflessione del Grande Maestro Bertolucci?
Il cinema e i film accompagnano le nostre esistenze da più di un secolo, ed un maestro come Bertolucci, secondo me ha fatto sua la frase per realizzare un capolavoro come “Novecento”. Il fatto è che da sempre ci piace ascoltare storie che poi ognuno vive alla propria maniera e con la propria idea. I bambini credono che se si fanno male, con un semplice bacio dei genitori sulla “bua” passa tutto, ma non perché siano dei creduloni o degli ingenui, ma semplicemente perché credono in quello che gli dici e si fidano di te. Ecco, con il cinema funziona alla stessa maniera, più riesci a fare un film fatto come si deve e più la gente lo avvicinerà alla realtà sentendolo proprio.
Alessandro, ti chiedo di commentare un’altra frase storica, detta da un’altra Very Big Star italiana della Settima Arte, Sergio Leone (1929-1989), uno dei più Grandi Registi di sempre, che a proposito del Cinema ebbe a dire: «Il cinema deve essere spettacolo, è questo che il pubblico vuole. E per me lo spettacolo più bello è quello del mito. Il cinema è mito».
E con questa frase del maestro torniamo al discorso di poco fa. Nell’antichità i miti altro non erano che storie tramandate nel tempo attraverso racconti prima e libri dopo. E i miti vengono prima delle filosofie. Adesso la parola “mito” o “mitico” viene un po’ abusata, ma Sergio Leone i miti veri li ha creati. Ha preso un tipo come Clint Eastwood di cui affermava che “come attore ha solo due espressioni, con la sigaretta o senza” e lo ha trasformato veramente in un personaggio universale grazie al genere degli “spaghetti western” di cui è stato magnifico inventore. E quando un regista riesce a creare un capolavoro come “C’era una volta in America”, a mio avviso il più bel film della storia, capisci davvero come lui abbia inteso e fatta sua la frase sullo spettacolo e sul mito.
Alessandro, il mondo del qual fai parte è un mondo durissimo vissuto dall'interno, così come è bellissimo dall'esterno, da spettatore comodamente seduto in una bella poltrona di una multisala attrezzata con le nuove tecnologie per vedere e ascoltare la narrazione filmica in relax e interesse. Ma vissuta dall'interno, passo dopo passo, giorno dopo giorno, è tutt'altra cosa! Come è stata la Tua esperienza artistica da quando hai deciso di iniziare questo percorso all’interno del mondo della Settima Arte?
Io ho avuto la fortuna di partecipare, dopo appena un anno di studi di recitazione, ad un film che ha fatto record d’incassi. Ho avuto infatti un piccolissimo ruolo (appena due battute) nel film “Una moglie bellissima” di Leonardo Pieraccioni. Feci il mio primo provino e fu proprio il popolare regista toscano a comunicarmi di avermi preso.
L'esperienza ad Anghiari (location principale del film) fu bellissima e indimenticabile e passai una delle settimane più bella della mia vita. Avevo infatti appena 20 anni e grazie al consiglio di non seguire solo la strada di attore ma di sperimentare tutti i rami che nel cinema esistono, consiglio arrivato da un mio carissimo amico regista, Domenico Costanzo, che considero il mio padrino cinematografico, e che è lo sceneggiatore di Pieraccioni, seguii tutti gli aspetti della produzione, non solo quella riguardante il ruolo di attore, ma anche quella di assistente, montatore, sceneggiatore, aiuto regista, cameraman. Non finirò mai di ringraziare Domenico per il suggerimento che mi dette e che seguo tutt’ora continuando a fare l’attore, ma conoscendo bene a 360° l’intera sfera cinematografica. Considera che io i miei film li scrivo, li interpreto, li dirigo e li monto.
Un po’ come i Grandi Maestri del Rinascimento italiano, se vogliamo: erano artisti ma anche artigiani. Erano dei grandi innovatori, ma al contempo erano loro stessi a costruire tutti gli strumenti di lavoro che avrebbero reso possibile creare la loro opera d’arte. Questo oggi si è perso completamente. È diventato tutto settoriale, tutto separato: chi fa una cosa non ne fa un’altra. E dal mio punto di vista, artisticamente parlando, è una grande limitazione culturale dell’artista. L’ultimo Grande Maestro della settima arte che seguiva i suoi film in tutti i dettagli e in tutte le componenti è stato Stanley Kubrick, un vero genio del cinema che è riuscito a creare produzioni che sono delle pietre miliari della storia del cinema planetario. E Kubrick era proprio uno di quelli che sapeva fare tutto per confezionare alla perfezione, quasi maniacale, un film dall’inizio alla fine … tranne la recitazione ovviamente! Ma certamente se ti ispiri ad un Grande Maestro come Kubrick in questa componente di fame di sapere e di fame di fare, certamente hai intrapreso la strada giusta!
Detto questo, Alessandro, tu quali Scuole di recitazione o di regia hai frequentato, e perché hai frequentato e scelto proprio quelle?
Ho frequentato la “Scuola di Cinema Immagina” di Firenze, diretta dal regista Giuseppe Ferlito. Me ne avevano parlato bene, e Ferlito è un grande maestro ed un ottimo regista. Da lui si può imparare tanto.
Qual è stata, Alessandro, la difficoltà più dura e più difficile da superare, da quando hai iniziato a pieno regime questa professione così importante e così dura?
La difficoltà più dura è stata la realizzazione della mia opera prima “Una Ragione per Combattere”. Fare il regista ed il protagonista insieme è molto difficile e richiede un’esperienza che non avevo, ma che sono riuscito ad acquisire strada facendo avendo avuto la fortuna di lavorare al fianco di una troupe, seppur giovane, formata da professionisti che mi ha fatto passare l'esperienza più bella della mia vita artistica e quella che, fino ad ora, mi ha dato più soddisfazione.
Spesso il mondo dell'Arte, del Teatro, del Cinema, della TV, si caratterizza per eventi spiacevoli che subiscono i protagonisti (gli attori, le attrici, i registi, i produttori, gli sceneggiatori, etc..) e che si materializzano dietro le quinte, nel backstage, nei luoghi che lo spettatore non vede e non immagina nemmeno. Qual è stata nella tua carriera l'esperienza più brutta che hai fatto e che non vorresti fosse mai accaduta?
La prima settimana di riprese del mio primo film è stata difficilissima. Niente andava come volevo e come avevo immaginato, soprattutto per la parte di mia competenza, ovvero il doppio ruolo regista/protagonista. Sono dovuto passare attraverso scelte difficili e dolorose, come il dover rinunciare a persone che collaboravano alla realizzazione del film, ma che non reputavo all’altezza. In quei momenti ho anche pensato di lasciare ed abbandonare tutto; ma rimboccandoci le maniche e ripartendo quasi da zero, siamo riusciti a realizzare un prodotto davvero bello di cui vado fiero e del quale ringrazio la mia troupe per il sostegno e per essere sempre stata presente.
Sai Alessandro, in adolescenza, a diciassette anni circa, ho scoperto quello che secondo me è il più grande scrittore del profondo dell'animo umano della storia dell'Uomo e della storia della letteratura di tutti i tempi: Fëdor Michajlovič Dostoevskij! In uno dei suoi romanzi più conosciuti e più belli, “Memorie dal sottosuolo”, pubblicato nel 1864, tra le righe cita una “sorta” di “Teoria dell'Umiliazione”. Sai che da questo concetto così importante che tracciò Dostoevskij nel 1864, alcuni scienziati e psicologi americani, a partire dagli anni '90, ne hanno fatto una vera e propria teoria psicodinamica, un modello psicologico? Questo approccio scientifico, che si basa su modelli scientificamente validati, parte dal presupposto che: «sono più le umiliazioni che subiamo nella nostra vita ad insegnarci a vivere meglio e a sbagliare sempre meno: si impara dalla propria esperienza e dai propri errori, soprattutto quando sono gli altri a farceli notare e magari ridono di noi!»
Leggendo queste parole, rispetto alla Tua esperienza di Uomo prima e di Artista poi, cosa ti viene in mente? Cosa vuoi raccontare ai nostri lettori dalla Tua prospettiva su questo tema così importante e delicato che, prima o poi, “investe” tutti gli uomini e tutte le donne di questo pianeta?
Quello che ho detto poco fa. Solo attraverso gli errori possiamo acquisire l’esperienza necessaria a farci diventare uomini migliori. “Sbagliando si impara” … sembra a volte un detto così banale e scontato, ma racchiude una verità inconfutabile. Le pacche sulle spalle ed i riconoscimenti ti gratificano ma portano poco al tuo bagaglio d’esperienza. Personalmente preferisco un rimbrotto ed una critica costruttiva ad un falso sorriso.
Alessandro, quando hai detto ai tuoi genitori di questa tua passione, e che ne volevi fare la tua professione di vita, cosa ti hanno detto?
Ho due genitori meravigliosi che mi hanno sempre appoggiato e incoraggiato a seguire la mia strada ed in generale ciò che mi rendeva felice. Non mi hanno mai ostacolato ed hanno sempre fatto di tutto per aiutarmi. Se oggi faccio il lavoro che amo il merito va anche a loro.
Ti ricordi che età avevi quando ne hai parlato schiettamente con loro? Sono stati da subito tuoi alleati oppure hanno cercato in tutti i modi di dissuaderti?
Appena dopo la maturità. Mio padre all’inizio non era molto favorevole, ma i primi articoli e le prime soddisfazioni lo hanno fatto ricredere. Adesso è il mio primo tifoso.
Alessandro, questa è una delle mie domande ricorrenti che faccio a tutti gli Artisti, come quella su Dostoevskij. Mi piacerebbe conoscere il tuo pensiero rispetto ad una bellissima frase incisa nel grande Frontale del Teatro Massimo di Palermo, famoso perché costruito da due dei più grandi architetti del XIX secolo, Giovan Battista Filippo Basile e il figlio Ernesto Basile. Il Teatro Massimo di Palermo è il secondo più grande d'Europa per grandezza e capienza di spettatori e possiede una qualità acustica terza in Europa solo dopo l'Opéra National di Parigi e la Staatsoper di Vienna.
La frase incisa sul Frontale è questa: «L’arte rinnova i popoli e ne rivela la vita. Vano delle scene il diletto ove non miri a preparar l’avvenire».
Tu, Alessandro, leggendo questa frase cosa ti ispira che vuoi dirci riflettendoci un momento?
L’arte arricchisce l’animo. Tutti i tipi di arte, dalla pittura alla scultura, dalla poesia fino alla nostra che appunto viene definita “la settima arte”. Ed è attraverso la conoscenza dell’arte e della cultura che si cresce e si acquisisce la consapevolezza di chi siamo e da dove veniamo, soprattutto noi italiani con il nostro Belpaese che da sempre siamo la culla dell’arte, fascino, tradizione, che per esempio in America, all’avanguardia su tutto, non possono avere.
Alessandro, nella presentazione che ho fatto prima, ho detto che hai partecipato all’ultimo Festival di Cannes 2016, nel mese di maggio scorso, quale attore protagonista di un medio-metraggio Ashyxia”, che ha riscosso un interessante successo di critica. Vuoi raccontarci questa Tua esperienza francese? Come si vive l’esperienza dell’attraversare il Red Carpet di Cannes? Qual è stato l’impatto umano e professionale che hai vissuto, come prima esperienza di livello internazionale, che certamente Ti avrà dato grande visibilità nel mondo della Settima Arte?
Ero accreditato per il Festival e questo mi dava la possibilità di accedere al Marché du Film dove avevo degli appuntamenti per “Una Ragione per Combattere" che presentavo con il titolo internazionale “A Reason To Fight”, che era già in distribuzione in Italia. Ero ancora titolare dei diritti per il mercato estero e cercavo appunto distributori internazionali interessati. Il mercato è bellissimo e ci sono un sacco di opportunità. Sono riuscito a presentare il film ad una casa di produzione e distribuzione americana che aveva uno stand al Festival ed è andata bene, dopo due settimane mi hanno mandato il contratto per acquisire i diritti. Poi è stata la volta della proiezione di “Asphyxia”, e vedersi sul grande schermo al Festival di Cannes ti dà veramente una grande carica ed emozione. La sala era gremita ed abbiamo ricevuto un lungo e caloroso applauso. Ma se ti dovessi dire che cos’è che è stato più emozionate di questa esperienza, non potrei non partire dalla camminata sul Red Carpet che è qualcosa di indescrivibile. Ti sembra di vivere in un sogno, è stata una delle serate più bella della mia vita. Inoltre abbiamo avuto anche la fortuna di assistere alla proiezione del film che si è aggiudicato la Palma D’Oro, “I, Daniel Blake” di Ken Loach, un vero capolavoro presentato e premiato da Mel Gibson.
Alessandro, quali sono i lavori, le opere che hai creato e che ami ricordare ai nostri lettori? Quelli che hai fatto negli ultimi due/tre anni, ed ai quali sei legato affettivamente e professionalmente?
Una Ragione per Combattere” rimarrà il film a cui sono legato di più. Ma so che “The Last Fighter”, di cui ti parlerò dopo, sarà il film della mia vita.
Quali sono, invece, le opere alle quali stai lavorando in questi mesi, e quando potranno goderne i tuoi ammiratori, i tuoi fan e i tuoi follower?
Ora sono molto impegnato nella preparazione del film “The Last Fighter”, prodotto dalla produttrice Ermelinda Maturo della casa di produzione “Maturo Produzioni”.
Per preparare al meglio il personaggio mi sto allenando 5 volte a settimana e ho perso quasi 20 kg in pochi mesi. È la storia di Mark, un giovane e brillante avvocato in carriera e campione di arti marziali. Le sue conoscenze lo portano ad entrare in contatto con una potente organizzazione massonica dove gli viene proposto di combattere segretamente in incontri clandestini in cambio di cifre astronomiche. Mark accetta e usa i soldi delle sue vittorie per aiutare le associazioni che si occupano dei bambini poveri nel mondo, di cui fa parte anche la fidanzata, Aurora.
In un susseguirsi di emozioni e sfide all’ultimo sangue, Mark rischierà la sua vita affinché le sue gesta diventino simbolo d’amore e di speranza per tutti quei piccoli angeli che rischiano di morire ogni giorno.
Ho scritto la sceneggiatura con Domenico Costanzo che è autore della sceneggiatura dell’ultimo film di Pieraccioni, "Il Professor Cenerentolo", campione di incassi a Natale 2015. Domenico però, con “The Last Fighter”, insieme a me, penso abbia scritto la sceneggiatura più bella della sua vita.
Con “Una Ragione per Combattere” ho alle spalle già un film sui combattimenti clandestini, quindi credo che al momento questo sia il genere di film che voglio fare.
The Last Fighter” è un film a cui tengo molto. Dentro c'è un messaggio forte legato ad una realtà inaccettabile che farà molto riflettere lo spettatore.
In “Una Ragione per Combattere” parlo di una persona dal passato difficile, che si sacrifica per la persona più importante della sua vita: la sua fidanzata. Mentre in questo film parlerò di persone che lottano ogni giorno per un ideale d’amore ancora più grande, la vita delle persone più indifese del mondo: i bambini.
Ci saranno comunque molte scene di combattimento spettacolari. Il film ha avuto anche un contributo da parte della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca. La pellicola verrà interamente girata in lingua inglese e avrà una distribuzione internazionale. Le riprese sono previste per la prossima estate. Il film sarà girato in lingua inglese come richiesto dalla casa di produzione Maturo Produzione di cui Ermelinda Maturo è proprietaria e dalle case distribuzione che ci hanno contatto. Il film uscirà in tutto il mondo. Prossimamente sarà presentato all'European Film Market in occasione del Festival di Berlino 2017. Dedicherò questa pellicola a mia figlia Aurora. È stata lei la fonte ispiratrice di questa mia nuova incredibile storia. Un grande ringraziamento va anche ad Ermelinda Maturo, la mia produttrice. In Italia ormai non si produce più a nessuno … è la triste verità.
Alessandro, sai benissimo, perché sei un artista, che quasi tutti gli artisti famosi, di successo, hanno difficoltà a gestire la loro vita affettivo-relazionale. Non è certo un caso che moltissime Big Star Hollywoodiane amano dire «to become a great actor you have to choose: either work or love!» (per diventare un grandissimo attore devi scegliere: o il lavoro o l'amore).
Tu, Alessandro, per quella che è la Tua esperienza, cosa pensi di questa frase? E come fai a conciliare, a gestire, questi due aspetti importantissimi della Tua vita, così come della vita di ogni essere umano: l’amore e la passione viscerale che hai per la Tua professione, nella fattispecie per la Settima Arte?
L'unico amore della mia vita è mia figlia Aurora. Lei viene prima di tutto e lo sarà sempre. Fare i film invece è il lavoro più bello del mondo.
Ti sembrerà incredibile, ma nei miei film racconto storie d'amore emozionanti e molto romantiche che fanno da cornice intorno a temi particolari e scene d'azione. Ma nella vita reale non mi sono mai innamorato, diversamente dai personaggi che interpreto e che vivono un amore incondizionato e immenso.
Saprai sicuramente, Alessandro, che oramai da anni, esiste un nuovo approccio psicodinamico e psichiatrico, che si sta sviluppando velocemente e sta richiedendo studi molto intensi ed interessanti che sono indirizzati nel cercare di capire quella che gli scienziati di questo modello definiscono “Second Life”.
È una “vita virtuale parallela” che si vive in contemporanea con quella reale del quotidiano, ma che spesso porta ad una sorta di dipendenza e di distacco dalla realtà sconfinando nel patologico e in vere e proprie forme di psicosi. Forse il Cinema Fantastico, il Cinema di Fantascienza, nel recente passato, nel XIX e nel XX Secolo hanno avuto questo ruolo: consentire l'immedesimazione dello spettatore in una dimensione altra, fantastica appunto, fantascientifica se vogliamo!
Oggi tutto questo, almeno nei ragazzi e negli adolescenti, viene vissuto normalmente attraverso l'utilizzo delle nuove tecnologie più innovative e attraverso l'esperienza diretta della realtà virtuale che porta molti giovani a vivere più intensamente e più emotivamente quella che è una dimensione finzionale, piuttosto che quella reale delle cose di tutti i giorni fatte di dolore fisico, di gioie condivise, di contatto con il proprio compagno o con la propria compagna, di umanità vera insomma. Secondo me, l'Arte può avere un ruolo importante per arginare questo fenomeno in forte crescita ed espansione all'interno del mondo delle nuove generazioni. Nuove generazioni che si muovono su questi binari con estrema naturalezza e leggerezza, che a noi adulti sono spesso sconosciuti e incomprensibili: in fondo siamo un po' gli analfabeti del XXI secolo rispetto alle nuove tecnologie multimediali e virtuali che gli adolescenti di oggi, di tutte le latitudini, vivono come parte integrante di loro stessi. Noi invece non sempre comprendiamo questa “nuova dimensione” e non riusciamo ad introiettarla, come invece fanno loro naturalmente e senza alcuna difficoltà, fin quasi dalla nascita.
Cosa pensi, Alessandro, di questo “nuovo mondo”, di questa “nuova dimensione di vita vissuta virtualmente”? Di questa cosiddetta “second life”?
Le nuove generazioni, quella cosiddette “native digitali” hanno la possibilità di confrontarsi con tecnologie veramente all’avanguardia, ipotizzate solo in certi film avveniristici ma ormai sempre più reali ed a portata di mano. In questi contesti è facile per i ragazzi perdersi e cominciare così ad avere rapporti difficili con i coetanei ed in generale con il mondo esterno. In quest’ottica, un ruolo chiave lo deve avere la famiglia che deve essere brava a capire le problematiche cercando di far socializzare i propri bambini senza chiuderli in una camera solo perché fagocitati dai ritmi della vita moderna.
Alessandro, se adesso, mentre stiamo chiacchierando di cinema e di arte, improvvisamente si avvicinassero due bambine di dieci anni e ti chiedessero con la semplicità e l’innocenza che hanno i bimbi: «Alessandro, ci spieghi cos'è l'Arte per Te?». Cosa diresti loro?
L’arte per me è dare vita a un mondo immaginario. L’Arte è l'attività del creare, del dare vita a qualcosa attraverso i materiali che più ci piacciono. L'arte nasce dal bisogno di comunicare, di esprimersi. Questo direi loro.
Se dovessi scegliere un colore tra il rosso e il blu, quale sceglieresti?
Il blu. Perché è il colore preferito di mia figlia.
Un'ultima domanda Alessandro, che amo molto e che faccio sempre a tutti gli Artisti con cui converso. È una domanda che ci porta d'emblée a quando eravamo bambini, pieni di sogni e di belle speranze: qual è il tuo sogno nel cassetto che fin da bambino ti porti dentro e che oggi vorresti realizzare?
Come ho detto prima, sto avendo la possibilità di realizzare quanto sognavo da bambino, ovvero fare film, dirigerli, interpretarli e mettere nelle storie che poi proietto sul grande schermo, parte di me e della mia vita. Ecco, ora se potessi scegliere, vorrei poter fare un film di genere fantasy adatto a tutta la famiglia, e che possa farla sognare.
Grazie Alessandro per essere stato con me e per aver parlato della Tua Arte, della Tua Vita professionale e del Tuo Mondo incantato visto da noi spettatori, ma arduo e temerario quando vissuto dagli Artisti Veri!
Non posso che farti il mio in bocca al lupo per il tuo futuro professionale, o come dicono gli Artisti Hollywoodiani … “Break a leg…”!
Grazie ancora e allora Ti aspetto per la prossima intervista!

Grazie Andrea per questa intervista, e grazie al Magazine fattitaliani.it. Spero di rivederti presto, magari per la mia prossima proiezione cinematografica! (sorride).
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Per saperne di più su Alessandro Baccini, potrete consultare i link di seguito elencati:
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http://www.mymovies.it/biografia/?r=36508
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I lettori che volessero conoscere l'autore dell'intervista, Andrea Giostra, potranno consultare la sua Official Facebook Page e alcuni link:
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Fattitaliani

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