Il chinotto di Marisa

Ho conosciuto Marisa, una delle fondatrici dell’Associazione Economia Alternativa ONLUS, qualcosa come quattordici anni fa.

Piccolina, volitiva, instancabile. 
Quando era partita per l’Africa per dare una mano ai missionari Comboniani aveva già una cinquantina d’anni, e c’era rimasta per vent’anni, insegnando soprattutto ai bambini. Aveva cominciato dal Rwanda-Burundi; poi, a seguito dei massacri passati alla storia come “il genocidio dei cento giorni” che sterminò la popolazione Tutsi - non si è mai saputo il numero preciso dei morti, collocato fra 500.000 e 1.000.000 - aveva continuato la sua attività in Centrafrica. Rientrata, aveva continuato a dedicarsi all’Africa attraverso Economia Alternativa. Poi non ce l’ha fatta più, e dopo quattro lunghi anni passati a letto, praticamente immobilizzata, se ne è andata; e noi della “sua” associazione, insieme ai parenti, agli amici e a tanti missionari Comboniani, le abbiamo dato l’ultimo saluto nella chiesa della parrocchia di San Gregorio Barbarigo a Roma. 
Anche se non tutti l’hanno notato, c’era pure un africano. 
Era fuori dalla chiesa, steso per terra in un angolo, coperto alla meglio da una coperta mentre cominciava a cadere qualche goccia di pioggia, e chiedeva l’elemosina. 
Come se Marisa avesse voluto dirci “Non dimenticatevi di loro. Datevi da fare."
Mentre guardavo la bara mi passavano davanti agli occhi alcune cose che mi aveva raccontato. Della volta in un cui, sola in una capanna, si era svegliata per uno strano rumore e si era trovata in compagnia di un serpente velenoso. O di quell’altra in cui un papà di una tribù pigmea, popolo discriminato e disprezzato dalle altre etnie, le aveva detto con le lacrime agli occhi “Voglio che mio figlio studi perché non deve avere una vita come la mia”. 
E la storia del chinotto. 
Rientrata da poco in Italia dopo anni di assenza, un amico l’aveva portata al bar dove lei aveva chiesto un chinotto, che le piaceva tanto e non beveva da anni. 
Se l’era goduto, poi aveva chiesto quanto costava in Italia.
”Carlo” - mi disse - “avevo ancora negli occhi i bambini che non avevano potuto iscriversi a scuola perché non avevano i soldi per la tassa scolastica, e che io non avevo potuto aiutare. Ebbene, l’iscrizione di uno di loro sarebbe costata quanto quel chinotto. 
Da allora ho deciso che non ne avrei bevuto più. E così è stato”.
Ciao Marisa. 
Carlo Barbieri
PS: se qualcuno vuol saperne di più sulle cose a cui questa donna ha dedicato la vita, ecco il link: www.economialternativa.org

Carlo Barbieri è uno scrittore nato a Palermo. Ha vissuto a Palermo, Catania, Teheran, il Cairo e adesso fa la spola fra Roma e la Sicilia. Un “Siciliano d’alto mare” secondo la definizione di Nisticò che piace a Camilleri, ma “con una lunga gomena che lo ha sempre tenuto legato alla sua terra”, come precisa lo stesso Barbieri. Scrive su Fattitaliani, NitroNews, Il Fatto Bresciano, QLnews, Sicilia Journal e Malgrado Tutto, testata su cui hanno scritto Sciascia, Bufalino e Camilleri. Ha scritto fra l’altro “Pilipintò-Racconti da bagno per Siciliani e non”, i gialli “La pietra al collo” (Todaro Editore, ripubblicato da IlSole24Ore) e “Il morto con la zebiba” (candidato al premio Scerbanenco) e “Uno sì e uno no”, una raccolta di racconti pubblicata da D. Flaccovio Editore. Suoi scritti sono stati premiati alla VI edizione del Premio Internazionale Città di Cattolica, al IV Premio di letteratura umoristica Umberto Domina e alla VII edizione del Premio Città di Sassari e al Premio Città di Torino. I suoi libri sono reperibili anche online, in cartaceo ed ebook, su LaFeltrinelli.it e altri store.

Fattitaliani

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