Artico, riscaldamento globale: la temperatura sale di 20 gradi. Parla il climatologo Antonello Pasini

La temperatura dell'aria registrata negli ultimi due mesi nell'Oceano Artico è più alta della media di 20 gradi, e quella dell'acqua di 4 gradi, stando a quanto comunicano due istituti di ricerca citati dal Guardian, la Rutgers University degli Stati Uniti e l'Istituto Meteorologico Danese. Una temperatura senza precedenti in questo periodo dell'anno dovuta, secondo i ricercatori, al problema del riscaldamento globale. Francesco Gnagni ne ha parlato con il climatologo del Cnr Antonello Pasini

R. – Sì, sicuramente ci sono almeno una quindicina di gradi superiori in certe zone dell’Artico e ovviamente ci sono delle oscillazioni nel mondo e quindi ci sono zone più calde e zone più fredde: in questo momento – per esempio – contemporaneamente a questo caldo molto forte nell’Artico, c’è l’Asia centrosettentrionale che è invece al di sotto della media. Alla fine per parlare di clima bisogna fare una somma globale, una media globale. Però, certo, questo è un periodo molto, molto caldo e queste variazioni devono far preoccupare, anche perché quando c’è molto caldo nell’Artico si fondono molto di più i ghiacci e si innescano delle azioni molto negative per quanto riguarda poi il clima.
D. – Secondo l’Organizzazione Metereologica Mondiale questo sarà l’anno più caldo della storia e la concentrazione di gas serra nell’atmosfera ha raggiunto livelli senza precedenti. Quali sono le conseguenze di tutto questo?
R. – Le conseguenze non sono soltanto quelle – come dico sempre io – di sudare un po’ di più, ma purtroppo questo riscaldamento globale, tutta questa energia che sta incamerando l’atmosfera ha degli impatti sui territori, gli ecosistemi, l’uomo. E viviamo sempre più periodi di siccità, inframezzati da precipitazioni e piogge invece molto violente. E questo è dovuto proprio a questo accumulo di energia in atmosfera.
D. – Infatti si parla anche del rischio di eventi climatici estremi: ondate di calore, alluvioni, maree…
R. – Sì. Effettivamente siamo in un momento in cui questa energia si scarica spesso in maniera molto violenta sulla terra e questo è deleterio per tutta una serie di fattori: per esempio per l’agricoltura, perché il terreno non riesce più ad assorbire l’acqua disponibile; o per il dissesto del territorio.
D. – Si dice che il riscaldamento del Pianeta danneggerà l’economia di 3/4 dei Paesi del mondo…
R. – Si, perché soprattutto l’economia di sussistenza - quella dei Paesi poveri - che è legata a stretto filo all’agricoltura potrebbe risentirne: nei Paesi poveri, che sono tutti nella fascia sahariana, sub-sahariana, subtropicale, ci sarà una diminuzione in quantità totale di precipitazioni e un aumento di questi eventi intensi e rapidi di piogge. Quindi l’agricoltura avrà e potrà avere grossi danni, con perdita di raccolti, carestie… Quindi soprattutto laddove l’economia è legata ad una agricoltura di sussistenza, il riscaldamento globale farà effettivamente dei danni molto grossi.
D. – Cosa emerge, secondo lei, dalla Cop22 appena conclusa a Marrakech? Si sta andando nella direzione giusta, oppure quali sono le difficoltà?
R. – La Cop22 era una conferenza un po’ interlocutoria, perché abbiamo avuto Parigi l’ultimo anno e l’Accordo di Parigi è stato ratificato soltanto molto recentemente. Quindi, in realtà, ci si è trovati un pochino spiazzati da questo accordo così rapido. Lì sostanzialmente si è cercato di andare a vedere quando si potranno rendere più ambiziosi gli impegni che hanno preso i vari Stati: in realtà l’Accordo di Parigi era molto ambizioso dal punto di vista teorico degli impegni che si vorrebbero prendere, ma gli impegni presi – quelli concreti – sono molto al di sotto di questi impegni teorici. Quindi ogni cinque anni si cerca di rivedere questi impegni dei singoli Stati a ridurre le emissioni di gas serra, in modo da arrivare ad impegni tali che possano consentire al Pianeta di non riscaldarsi più di 2 gradi. Adesso, purtroppo, con gli impegni attualmente presi arriviamo a circa 3 gradi… Francesco Gnagni, Radio Vaticana, Radiogiornale del 23 novembre 2016.
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