Il
gioco del Doppio,
tema caro a Dostoevskij, è la chiave di volta attorno alla quale
ruota lo spettacolo IL
GRANDE INQUISITORE,
dove la figura del Cristo diviene una mera proiezione di determinati
aspetti della coscienza.
Inizio
cantato e coreografato (Paola
Maffioletti),
quasi fossimo ‘caduti’ improvvisamente nell’evocazione del
celeberrimo musical Jesus
Crist Superstar
e quindi, stilisticamente, richiamati a vivere il Doppio della figura
del Cristo. Decisivo il ‘voto’ del popolo, impersonato dagli
allievi
della Scuola di Teatro Fondamenta,
che, tra Cristo e il ladrone, si sa, sceglierà Barabba. Sui loro
abiti bianchi (Cristo è l’umanità) verranno proiettate in parte
le varie stazioni di una singolare Via Crucis fotografata nel 1981, e
per l’occasione rielaborata in slide.
Il video, proiettato sul fondale, che racconta di una Passione
‘giocata’ e vissuta nella periferia del Sud, un solitario
rito-spettacolo, nel quale Cosimo
Cinieri
truccato da Gesù portò una pesante croce per le strade, è
supportato da una colonna sonora di voci fuori campo: esplosioni di
parole come quelle che vengono dette o urlate a ogni angolo della
strada, in attinenza con la lingua furbesca e popolare, commento
degli astanti di fronte a un ‘mistero’ di una religiosità
etnologicamente cupa che accetta come vera la rappresentazione,
legata com’è alle proprie credenze o illusioni religiose. Commenti
stupiti, ammirati, partecipi o increduli, fideismi e scetticismi,
della povera gente assiepata lungo il percorso: comari, vecchi
sfaccendati, ragazzotti. Un documento della demenzialità diffusa
esilarante e agghiacciante al contempo, un impasto di scioccaggine,
superstizione, ‘cuore in mano’, pruriginoso pietismo, credulonità
da tossicodipendenza televisiva (frequenti i richiami al Gesù
zeffirelliano).
In
contrappunto, il canto del soprano Bibiana
Carusi,
che scopriremo infine essere il Doppio di quel Cristo in borgata. Da
Madonna Addolorata per quel Figlio destinato al Golgota e fuori per
destino da qualsivoglia agognato sogno materno, il soprano infine si
fa silenzioso Cristo anch’esso, di fronte all’eloquio del sofista
Inquisitore. Simmetrici, sul lato destro della scena, spettatori e
poi commentatori della filippica dell’Inquisitore, i due fratelli
Karamazov: Ivan (Nicola
Vicidomini),
autore del poemetto messo in scena, e Alioscia (Roberta
Laguardia),
altro Doppio del Cristo, qui a testimoniare in maniera più umana una
variante della divina –fattasi umana- comprensione, nei confronti
del fratello che finirà pazzo a causa delle sue idee.
Il
testo, e conseguentemente la sua messinscena, consente molteplici
riflessioni che riguardano la contemporaneità. Morto Dio, o l’idea
di Dio, che poi è la stessa cosa, davvero all’uomo è permesso
tutto? E davvero l’uomo non sa reggere la libertà di scelta tra
bene e male preferendo invece un destino servile, manovrato da
padri-padroni (oggi, soprattutto il mercato e la TV) che, secolo dopo
secolo, scelgono per lui, manovrandolo e manipolandolo in cambio di
una fittizia tranquillità? Nel mondo della globalizzazione, nel
quale i confini hanno sempre minor importanza, e lo Stato non è più
l’esclusivo detentore del potere, nella nostra epoca, il Grande
Inquisitore si nasconde appunto dietro il concetto impersonale di
mercato, che, attraverso la pubblicità, influenza non solo gli
acquisti ma anche gli stili di vita. Anche la religione, ci dice
Dostoevskij, quando occorre, entra nel gioco, e viene
strumentalizzata per contribuire a organizzare la società così come
la pretende il Grande Inquisitore, lasciando gli uomini nella
condizione di sudditi non permettendogli di diventare cittadini
consapevoli, uomini.
Dostoevskij
elabora, con questo suo romanzo-testamento dai forti accenti
filosofici, la prima impietosa radiografia della crisi dell’uomo
contemporaneo, lacerato da contraddizioni insanabili, che abita un
contesto incerto e ormai senza punti di riferimento.
I
suoi personaggi sono incarnazioni di figure morali che si dibattono
su un palcoscenico dell’anima; talmente vivi da sentirceli
contemporanei ed empaticamente vicini.
IL
GRANDE INQUISITORE
da
I fratelli Karamazov di F. Dostoevskij
con
Cosimo Cinieri
e
con Nicola Vicidomini,
Roberta Laguardia
la
partecipazione di Bibiana Carusi soprano
Domenico
Virgili orchestrazione e
tastiere
Paola
Maffioletti coreografia
Esperimento
Cinema montaggio video
Giannantonio
Marcon conversione digitale.
E
gli allievi della Scuola di Teatro Fondamenta.
Regia:
Irma Immacolata Palazzo
Scenografia:
Fabiana Di Marco – Pittore: Giancarlino Benedetti Corcos - Costumi:
Adelaide Innocenti – Foto di scena: Daniele Lanci -Dir. di scena:
Damiano Francesco Palazzo.
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