Note
dell’autrice. L'idea
di scrivere sulla morte, di trovare un punto dal quale poter guardare
ad essa senza soggezione mi affascinava. Mi sembrava utile poter
indagare su ciò che la morte rappresenta per noi, noi di qua,
occidentali intendo, come atto finale, ultimo, quasi teleologico, ma
allo stesso tempo anche come oggetto esorcizzato, che non contiene
futuro ma solo presente (un presente che non promette nulla di buono,
per altro). Su questo ragiono: ci agitiamo in un mondo fondato su
questi due pilastri che sono l'azione (fare, facciamo, ho fatto,
farò) e il denaro (ho guadagnato, guadagnerò o non guadagnerò,
eccetera), tutte le altre cose vengono come conseguenza. Ossia: se
faccio, se guadagno, allora poi.
E
questi due pilastri (che poi non so perché li chiamo pilastri, ma
visivamente mi viene così) entrambi si fondano sul tempo; infatti
cosa facciamo in generale nella vita? Facciamo azioni ed ipotechiamo
tempo. In ogni caso, trattando la morte come una circostanza che
genera un bisogno (vestizione, bara, funerale), esattamente come nel
caso in cui qualcuno senta sete, o fame, o si annoi o resti senza
benzina, è con tale bisogno che ci si deve confrontare se si
desidera guadagnarci qualcosa. E’ noto a tutti (quasi), che bisogno
generi domanda, domanda generi offerta e offerta generi profitto.
Tutto sta a capire come. Come trarre il maggior profitto possibile da
questo della morte che normalmente è un ambito delicato e
addirittura sacro, del quale non si parla volentieri? Mi pare
estremamente interessante lavorare su queste due cose che fanno a
pugni: il profitto e l’estremità assoluta, panica, dell’atto del
morire. Come fai quando una cosa fa paura a tutti, non la vuole
nessuno e tutti ne hanno paura? come fai a venderla? Semplice –
dice il nano – basta renderla desiderabile. E’ andata così, che
mettere insieme, uno vicino all’altro, il fatto tragico e mistico
anche, della morte, con il lavorio trucido del trar profitto da
tutto, non so, mi piaceva, per contrasto. I contrasti, son fatta
così, mi danno l’idea che ci sia sotto qualcosa di vivo, appunto,
una verità che c’è e non c’è, e che mostrarlo sia poetico.
Valentina
Diana
Note
di regia
La
morte è un argomento scomodo. Non ne parliamo mai a cena o durante i
nostri aperitivi social.
La
nostra società sembra lavorare alacremente per allontanare il
pensiero della morte dalle nostre vite. La nostra società ci spinge
a consumare, a comprare, e a lavorare per poter mantenere quello che
abbiamo comprato e per comprare ancora. Come si fa allora a vendere
la cosa di cui non si deve e non si può parlare, a cui non bisogna
pensare? Come si fa a vendere la morte? Renato Cane sta per morire.
Ce lo dice subito. E ci fa ridere. Un uomo qualunque scopre di avere
un tumore e la sua vita precipita. Entra in una assurda agenzia di
pompe funebri dove promettono di vendere l’eternità. Le pitture
schiacciate che una bimba gli vende saranno la sua unica
consolazione. Poi un colpo di scena, che non allevierà la solitudine
in cui precipita grottescamente. Renato Cane è un uomo qualunque che
ci racconta la sua storia. Forse è un pretesto per farci delle
domande, le stesse che gli vengono poste dall’assurdo responsabile
delle pompe funebri “Trombe del Signore”: Tu credi, Cane?
Che
cos’è lo spirito, Cane? Ti piace la tua vita, Cane? Sei proprio
sicuro, Cane, che vivere sia meglio che morire? Qual è la cosa che
ti piace fare di più nella vita, Cane? Forse la malattia stessa del
Signor Cane è solo un pretesto per parlare di quanto il consumismo,
la pubblicità, i soldi, ci mangino la vita. Ed è attraverso un
altro pretesto, quello della finzione scenica del monologo teatrale,
che grazie a Renato Cane anche noi siamo obbligati a riflettere su
queste domande. Mentre ridiamo del nostro protagonista, mentre
proviamo compassione (patiamo assieme a lui) per un Cane qualsiasi.
Perché bisogna essere leggeri per fare domande del genere, per
riflettere su questi argomenti, perché ogni tanto fa bene farlo. Ma
bisogna poterne ridere. Ridere di un Renato Cane qualunque che muore.
E’ una storia assurda, grottesca, la sua. Che muore da solo, come
un cane appunto. Come tutti noi, per quanto duro da accettare, prima
o poi. Allora tanto vale riderne e, grazie al teatro, riscoprire che
tutti siamo dei potenziali Renato Cane, e magari uscire dopo un’ora
un po' più felici e sollevati per la vita che ci è concessa.
Vinicio
Marchioni
Valentina
Diana
è nata a Torino nel 1968. Lavora in teatro come attrice e
drammaturga. Per il teatro ha scritto: Fratelli, Ricordati di
ricordare cosa? (Premio nazionale di drammaturgia contemporanea Il
centro del discorso 2009), La bicicletta rossa (Premio Eolo Awards
2013 per la drammaturgia), Swan,La comitragedia spaziale, Senza Voce
- Storia di Ciccilla, La palestra della felicità, Opera Nazionale
Combattenti. Come scrittrice ha pubblicato Smamma (Einaudi 2014) e
Mariti o Le imperfezioni di Gi (Einaudi 2015).
Marco
Vergani
dopo la laurea Specialistica in Arti e Scienze dello Spettacolo
presso La Sapienza di Roma, frequenta numerosi corsi di
perfezionamento per attori come Drama in Scena, Ecole des Maitres
con Giancarlo Cobelli, Centro teatrale Santacristina, diretto da Luca
Ronconi. In teatro ha interpretato Edoardo II di Andrea Baracco,
Falstaff di Andrea De Rosa, Becket in camera da letto di Giancarlo
Sepe, Macbeth di Andrea De Rosa, A Bocca Piena (Napoli Teatro
Festival) di Emanuela Giordano, Ubu Roi di Roberto Latini, Processo a
Gesù di Maurizio Panici, Dracula di Sandro Mabellini, Al mercato di
A. R. Shammah, Lulù di A. R. Shammah, Hameline di Manuela Cherubini
(premio UBU 2008/09 come migliore novità straniera), Nel bosco degli
spiriti di Luca Ronconi, Il ventaglio di Luca Ronconi, Lo specchio
del diavolo di Luca Ronconi, Troilo e Cressida di Luca Ronconi,
Woyzech di Giancarlo Cobelli e tanti altri.
Vinicio
Marchioni,
diplomato come Attore nel 2000 presso la Libera Accademia dello
Spettacolo di Roma, e ha debuttato nel 1995 in teatro, dove vanta un
ricco curriculum. Nel 2005 ha studiato con Luca Ronconi presso il
Centro Santa Cristina. Frequenta la facoltà di Lettere indirizzo
Spettacolo dell'Università La Sapienza seguendo la sua passione per
la scrittura, per poi dedicarsi completamente al teatro. Del 2008 è
la sua partecipazione, nel ruolo de Il Freddo, nella fortunata serie
televisiva Romanzo criminale (2008-2010), diretta da Stefano Sollima,
ispirata alla vera storia della cosiddetta Banda della Magliana. Nel
2009 debutta sul grande schermo con Feisbum! Il film, pellicola in
otto episodi ispirata al social network Facebook. Nello stesso anno
gira da protagonista, il film 20 sigarette, tratto dal libro Venti
sigarette a Nassiriya, scritto da Aureliano Amadei, uno dei
superstiti della strage di Nassiriya del 2003 e regista del film. A
settembre il film viene presentato alla 67ª Mostra Internazionale
d'arte cinematografica di Venezia nella sezione Controcampo Italiano,
di cui vince il premio e una menzione speciale è dedicata a
Marchioni per la prova d'attore. Nel 2011, per la sua interpretazione
in 20 sigarette, ottiene una candidatura come miglior attore
protagonista ai David di Donatello 2011.
Khora Teatro
L’ETERNITÀ DOLCISSIMA DI RENATO CANE
di Valentina Diana, regia Vinicio Marchioni,
con Marco Vergani
costumi Fujiko Hishikaua
disegno luci Andrea Burgaretta
supervisione artistica Milena Mancini
aiuto regia Alessia Pellegrino
assistente di produzione Luisa Iandolo
comunicazione Tiziana Cusmà
3 - 6 novembre 2016 – prima nazionale
dal giovedì al sabato ore 20.00; domenica ore 18.00
BRANCACCINO
Via
Mecenate 2, Roma - www.teatrobrancaccio.it
Biglietto:
15,50 €
BOTTEGHINO
DEL TEATRO BRANCACCIO
Via Merulana, 244 | tel 06 80687231 | botteghino@teatrobrancaccio.it
UFFICIO
PROMOZIONE
tel 06 80687232 | promozione@teatrobrancaccio.it