La Biennale di Architttura di Venezia
quest’anno propone una memorabile novità che non ha mancato di
generare anche polemiche di taglio politico. Si tratta del Western
Sahara Pavillon (http://western-sahara-pavilion.org), uno spazio
dedicato al popolo saharawi che con la sua Repubblica Democratica
Saharawi (R.a.s.d.) vive in esilio nei campi profughi del deserto
algerino perché il suo territorio è sotto il Marocco da quando la
Spagna ha lasciato i territori colonizzati.
La tenda saharawi è stata realizzata
dall’architetto tedesco Manuel Herz, in collaborazione con
l’Unione nazionale delle donne saharawi e si trova in
realtà nel giardino, al di fuori dai siti della Biennale, eppure è
inclusa nel percorso della prestigiosa esposizione. Tra le immagini
degli spazi di vita quotidiana, del conflitto e della governance, il
tema dell’architettura saharawi, che negli ultimi 40 anni ha
ridisegnato il territorio di una delle parti più aspre e inospitali
dell’hammada algerino dove vivono i 250 mila rifugiati, propone
anche il Ministero per gli Affari Sociali e la Promozione della
donna, realizzato dal Comune di Macerata e dall’associazione
Rio de Oro, nell’ambito dei progetti che queste realtà portano
avanti da anni a favore della popolazione saharawi.
Il progetto del Ministero è
dell’architetto maceratese Marco Scrivani, che lo ha redatto
secondo gli stili architettonici saharawi e ha voluto donarlo alla
loro causa. La struttura, realizzata da maestranze locali, fu
inaugurata il 3 dicembre 2008 a Rabuni, alla presenza di una
delegazione istituzionale italiana, guidata dall’allora sindaco di
Macerata Giorgio Meschini e formata da rappresentanti della Regione
Marche e dell’associazione Rio de Oro, presenti la ministro degli
Affari Sociali Saharawi, Beida Mohamed Rahal, dal primo ministro
Abdelkar Taleb Omar e dal ministro dell'interno del governo della
R.a.s.d.
Per la scelta dell’architetto tedesco
e della biennale di Venezia non si sono fatte attendere le polemiche
da parte del Marocco che, secondo fonti Ansa, definisce “pericolosa
fantasia e senza base storica la nozione di 'Stato del Sahara
occidentale', che si è infiltrata nel processo di decolonizzazione
del Marocco”. Sta di fatto che le popolazioni saharawi vivono in
condizioni infamanti, prigionieri nei campi in Algeria, privati dei
diritti fondamentali.
Il collocamento in giardino della tenda
saharawi rappresenta un po' la situazione politica di un paese non
ancora riconosciuto da tutti, ha avuto modo di spiegare l’architetto
Herz che sul quotidiano inglese 'The Guardian', è entrato nel
merito dell'istallazione: “la tenda – spiega - dice che, malgrado
un conflitto in corso, i saharawi sono riusciti a costruire un luogo
di emancipazione e di autogoverno veramente democratico e non certo
un luogo di miseria. Le istituzioni della società, i ministeri, un
parlamento, le scuole sono alloggiati in edifici che, nonostante le
loro tecniche costruttive di massima, sono pianificati con
"incredibile bellezza".
Purtroppo, l'accampamento che tutti
credono un posto di emergenza, miseria e povertà è diventato un
modello di organizzazione abitativa in primo luogo per i rifugiati di
tutto il mondo.