MILANO, Il 6 ottobre "LA SCOMPARSA DELLE MADRI. Utero in affitto e mercato dei figli" con Marina Terragni

Sono molte migliaia i bambini che nascono ogni anno da utero in affitto: più di 2 mila solo negli Stati Uniti, con un incremento annuo del 200 per cento. Un business colossale e planetario in espansione costante - oggi il fatturato supera i 3 miliardi - nel quale le donne diventano mezzi di produzione e le creature umane oggetti in vendita. Quei figli che non ci è consentito di avere possiamo sempre comprarli. Basta pagare. La riproduzione diventa produzione di cui siamo a un tempo mezzi e destinatari. 

Nel nostro paese regna una grande confusione sul tema: a un abbozzo di discussione in occasione del recente dibattito parlamentare sulle unioni civili è seguito un silenzio preoccupante da parte della politica e dei media, mentre si assiste alla riduzione di una questione complessa e ricca di sfumature a un banale scontro tra conservatori e progressisti. L’avversione di una parte consistente delle femministe italiane alla pratica della maternità surrogata, che potrebbe rendere più difficile la legalizzazione di questo nuovo e fiorente mercato, è stata nascosta, soprattutto a sinistra, da una frettolosa promozione basata su parole chiave come progresso e autodeterminazione.  

In questo contesto, il pamphlet della giornalista e scrittrice Marina Terragni interviene schierandosi dalla parte delle “resistenti” con un punto di vista risolutamente femminista, laico e libertario e denunciando le derive di un consumismo portato agli eccessi. Chi è una madre “surrogata”, se non una madre? Perché si pretende che scompaia dopo aver portato a termine il suo biolavoro? Si può affittare il proprio corpo e mettere in vendita un essere umano? Rispondere a queste domande appare ancor più necessario di fronte alla portata della posta in gioco: i bambini e la differenza femminile, garanzia di civiltà e umanità.
Fattitaliani

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