L'attore Luigi Tabita è il direttore artistico di "Giacinto Nature LGBT", seconda edizione del festival dedicato alla cultura omosessuale (link). Fattitaliani lo ha intervistato.
Quanto
conta un'iniziativa così per la realtà siciliana?
La
Sicilia è sempre stata una fucina di grandi sperimentazioni: dalla
politica alla letteratura. La sua storia che l’ha vista culla
delle grandi civiltà e porto di culture e bellezza l’ha resa una
terra inclusiva e vivacemente curiosa. Queste occasioni d’incontro,
come Giacinto, sono momenti di riflessione per porre l’attenzione
su temi presenti da sempre nel territorio siciliano, figlio della
Magna Grecia, ai quali si dà spesso poco spazio. Sono occasioni che
forniscono spunti di riflessione e strumenti maggiori per leggere la
realtà con occhi diversi.
Da
dove viene la denominazione "Giacinto"?
Nella
mitologia greca, Giacinto era un bellissimo principe spartano amante
di Apollo che fu ucciso da Zefiro, geloso di questa grande storia
d’amore. Apollo, disperato, piange sul corpo dell’amato e le
lacrime lo trasformano in questo meraviglioso fiore che è formato da
tantissimi fiorellini. È
un fiore plurale, come la comunità lgbt, per questo l’ho scelto ed
ho voluto associarci la parola nature per
smentire l’accusa che solitamente viene fatta alla nostra comunità,
ovvero di essere contro-natura.
Che
cosa cambia rispetto alla prima edizione?
Saranno
due giornate di informazione e approfondimento culturale con mostre,
documentari, dibattiti, performance e ospiti del mondo della cultura,
delle istituzioni e dell’associazionismo. Quest’anno abbiamo
scelto come focus il tema della transessualità, ancora confinato ai
luoghi comuni e troppo
poco conosciuto anche all’interno della comunità lgbt.
Quali
errori o sorprese ci sono stati l'anno scorso?
L’anno
scorso è stato un grande successo, quasi 5000 presenze. La cosa
sorprendente era il vedere un uditorio trasversale: dai bambini ai
nonni, dai gay in canotta a coppie di giovani etero. Emozionante!
Nell'ambiente
cinematografico e televisivo quanto c'è ancora da fare per la
cultura omosessuale?
Forse
nell’immaginario collettivo, l’ambiente cinematografico appare
come un universo libero e aperto, ma in realtà non lo è. Se sei
gay devi nasconderlo, soprattutto al grande pubblico, diversamente
resti confinato in ruoli gay o da preti. Lo diceva già Paolo Poli,
ma abbiamo anche altri casi in Italia. Forse bisognerebbe guardare
oltre e scindere le due cose, l’interprete dal personaggio, invece
spesso in Italia si cerca di fare coincidere le due cose, ma questo è
un grande limite perché condanna molti artisti a vivere nell’ombra
e con frustrazione. Giovanni Zambito.