I
Social si sono evoluti ed il Mondo è cambiato. Le persone più
fragili sia adolescenti che adulti, fondono il virtuale con il reale.
Nasce il problema di dipendenza dai Social. La propria Autostima
dipende dai Social. I “Mi piace” diventano una specie di droga
dei Tempi moderni. Con essi compensiamo tutto ciò che ci manca nella
vita reale, gesti, abbracci, altre forme di comunicazione non
verbale. L’ebbrezza virtuale ha vita breve, tutto il resto dura per
sempre. È su queste nuove forme di comunicazione, da FB a quelle
meno note che indaga “Social Life” scritto da Michele Cosentini
su materiale e testimonianze raccolte con un lungo lavoro di
documentazione, musiche di Astor Piazzolla, ai Giardini della
Filarmonica Romana, il 26 luglio.
Con i social il Mondo
è cambiato radicalmente, ormai tutti sono esposti. Cosa ne pensi?
In
realtà siamo tutti meno connessi di quanto non sembri. Siamo
connessi da un punto di vista virtuale e questo riguarda soprattutto
gli adolescenti perché lo spettacolo si incentra sul loro rapporto
con i social, in realtà siamo tutti incapaci di comunicare nella
vita reale per quanto logorroici siamo nei social. E’ una finta
connessione e questo credo sia l’aspetto più inquietante dei
social che non sono negativi di per sé ma spesso acquisiscono questa
connotazione negativa o in alcuni casi anche patologica, soprattutto
in quei social che sono “più pericolosi o riconosciuti come tali”
tipo ASK al quale lo scorso anno sono stati attribuiti diversi casi
di suicidio o istigazione al suicidio. Siamo connessi ma nello stesso
tempo siamo sconnessi.
Nel senso che ne
facciamo un cattivo uso?
Ne fanno un uso negativo gli adolescenti
che sono soggetti fragili ed anche alcuni adulti che sono anche loro
fragili. Questo per certi aspetti è veramente drammatico perché non
stiamo parlando delle vecchie chat viste semplicemente come
rifugiarsi semplicemente in un ruolo virtuale ma purtroppo i Social
invadono la vita reale. Prima facevo un esempio sicuramente estremo
dell’istigazione al suicidio ma è una cosa presente e molto più
frequente di quanto uno possa immaginare, soprattutto gli stessi
genitori possano immaginare. Non sanno che nell’altra stanza del
loro appartamento c’è una figlia vittima di bullismo o esposta a
sguardi o frasi indiscrete da parte di marpioni dall’età
sconosciuta. È molto importante questa cosa perché si tende a
considerarla come una cosa estrema che leggiamo sul giornale ed
invece non è così o anche quando non è una cosa eclatante, tanto
che ci si chiede come mai ragazzi tra i 12 ed i 14 anni, non vadano a
fare una sana passeggiata con gli amici invece di farsi una chattata
con Periscope o rispondendo a domande imbarazzanti o a richieste
altrettanto imbarazzanti.
Hai parlato delle
vecchie chat, passare da quelle agli odierni Social Network è stato
come passare dal buio assoluto alla vetrina. È un bene o un male?
Secondo me è un male perché prima c’era un controllo assoluto. Le
chat si aggiungevano alla vita reale anche in forma tragicomica se
vogliamo. C’era l’innamoramento di una persona di cui non si vede
il volto, di cui addirittura non si sente la voce ma era una cosa più
circoscritta. Adesso il virtuale si sta veramente mangiando il reale.
Paradossalmente penso ai gruppi whatsapp di compagni di scuola, dove
si comunica con persone di cui si conosce il nome, si conosce
l’identità e scatena quell’afasia di cui parlavo prima. Una
delle ragazze che ho sentito nelle testimonianze per lo spettacolo
che diceva “mi capita spesso di ricevere messaggi whatsapp da
compagni con i quali a scuola neanche ci si saluta”. È una cosa
assolutamente quotidiana ma rafforza l’incomunicabilità.
Paradossalmente più siamo connessi, meno comunichiamo guardandoci
negli occhi. Quindi anche il “Ti amo” o il “Vai al diavolo”,
lo diciamo con tastiera e non più a voce. Secondo me da questo punto
di vista la cosa è ampiamente peggiorata, aggiungo anche che le
vecchie chat erano un fenomeno nuovo, per cui essendo un fenomeno
nuovo e sconosciuto c’era anche un’attenzione maggiore. Adesso
sui social ci siamo tutti, ragazzini, genitori, insegnanti e spesso
si tende a sottovalutare il potenziale di distruzione psicologica a
cui può portare il mezzo se usato negativamente.
Cosa mette in scena
Social Life?
Otto storie rielaborate drammaturgicamente ma tratte
da vicende e conversazioni reali incastrate tra di loro e quindi
esplorano i vari Social (Facebook, Tumblr, Periscope) e sono quasi
tutte vicende tragicomiche, nel senso che purtroppo ogni tragedia
nasconde un elemento d’involontaria comicità e la cosa inquietante
è che appunto le storie non riguardano non solo i ragazzini ma anche
gli adulti, i quali sentendosi più maturi e potenzialmente più
immuni al fascino del Social, in realtà spesso ci cadono perché
sentendosi forti non hanno difese. Il tutto su musiche di Astor
Piazzolla. E’ una precisa scelta musicale quella di utilizzare il
tango che è una musica che ha della passione, dell’irruenza in
positivo ed in negativo e questo è un lavoro di recitazione su
musica. Quattro attori utilizzano la musica non come sottofondo ma
come uno spartito sul quale si incastrano le loro voci e le loro
battute. Spero che sia abbastanza interessante.
“Si parla come se
magna”. Cosa vuol dire?
Molto spesso per il fatto che non ci si
conosce, fa sì che ci sentiamo senza freni. Il che può essere una
cosa più onesta, più vera ma non è sempre così. Si scrive come si
magna perché in realtà non si parla. È un’estemporaneità che
molto spesso non trova riscontro nella vita reale.
Lo spettacolo contiene
anche elementi grotteschi ed esorcizzanti. Come sono rappresentati?
Con l’assenza volontaria sulla scena di Computer e Smartphone o
meglio sono utilizzati in maniera molto particolare e danno una
connotazione grottesca al tutto. Tutto è estremamente naturale
perché sono storie reali. Ho volutamente preso delle vicende vere ma
al tempo stesso purtroppo o per fortuna, la vita ha degli elementi
grotteschi, esorcizzanti perché speriamo con questo spettacolo di
mettere gli spettatori di fronte ad uno specchio. Siamo talmente
tanto tutti connessi che ad un certo punto, spesso non ci rendiamo
conto non solo dei pericoli ma anche del comico che questa cosa
presenta. Ci sono spesso genitori e figli che comunicano via Watsapp
in casa. Ciò che ci auguriamo che anche in maniera divertente, vera,
ci si ponga qualche domanda su come e quanto usiamo i Social ed in
particolar modo gli adulti si pongano qualche domanda sull’uso che
i figli fanno dei social. Nel momento in cui c’è il controllo su
FB non solo di genitori sui figli ma anche verso altri amici, si
creano dei guasti allucinanti, si creano equivoci ed incomprensioni,
si creano delle situazioni paradossali, di cui parliamo abbastanza
nello spettacolo. La vigilanza dovrebbe avvenire in altra forma. I
pericoli sono molto più diffusi di quanto non sembri. FB è lo
specchio della vita reale. Su FB c’è di tutto. Profili privati e
pubblici, litigate sulla politica e sulla cucina. Essendoci di tutto,
a maggior ragione un occhio andrebbe dato ma basterebbe semplicemente
parlare di più con i propri figli, cercare di rendersi conto se ci
sono delle forme di solitudine particolarmente marcate e cercare di
far capire che queste solitudini possano essere affrontate anche con
gli amici. Sono rimasto scioccato da Periscope, tra l’altro
acquistata da Twitter e questo le dà una maggiore credibilità ed
un’affidabilità che purtroppo non è sempre reale. Ci sono delle
ragazze che stanno in Chat con delle facce depresse e se chiedi loro
che libri gli piaccia leggere, ti rispondono che non leggono libri,
non gli va. Parlano del nulla ed è veramente sconfortante. Se prima
si parlava con i genitori o con gli amici, adesso lo si fa su queste
life-chat aberranti, dove c’è una persona che parla e gli altri
mettono dei cuoricini. E’ veramente triste. Se prima con i Computer
potevi dire a tuo figlio “Vai a dormire che sono le tre di notte”
adesso con gli smartphone diventa tutto più complicato. Non si può
limitare nulla ma vedo poca consapevolezza, rispetto al potenziale di
pericolosità che hanno questi mezzi.
Hai anche un Blog
molto divertente, di cosa ti occupi?
Purtroppo è un Blog che ho
aperto tempo fa ma non è più aggiornato da tempo. Gli interventi
sono di carattere politico e socio-politico su svariati argomenti. E’
una della mie passioni che tiro fuori scrivendo articoli che poi
molto spesso sono ripresi da Post che scrivo su FB. Cerco anche temi
“tosti” ed impegnati e cerco di trattarli in maniera satirica.
Con “Liberté” hai
vinto 5 Premi al Festival di Montecorvino Pugliano, cos’è cambiato
dopo?
Per quello che mi riguarda, da quel momento in poi ho
portato avanti tutta una serie di tematiche come i Diritti Umani, la
Censura e che ho cercato di portare avanti in maniera diversa nel
corso degli anni. Dal punto di vista Direttorico, devo dire purtroppo
molto poco se non in peggio. Cambiano gli attori della scena
nazionale o internazionale, cambiano le violazioni dei diritti ma la
sostanza rimane immutata. Questo è un buon motivo per continuare a
parlarne ed a “lottare” da questo punto di vista.
Elisabetta Ruffolo