Pescara, dal 21 luglio “Popoli e terre della lana. Tradizioni, culture e sguardi sulle vie delle transumanze tra Iran e Italia”

PESCARA - Aprirà il 21 Giugno all'Aurum di Pescara la Mostra “Popoli e terre della lana. Tradizioni, culture e sguardi sulle vie delle transumanze tra Iran e Italia”. L'evento sarà presentato venerdì 15 Luglio, alle ore 10,20,  presso la sala "Figlia di Iorio " sita al primo piano della Provincia di Pescara, in piazza Italia 30. Interverrà l'assessore regionale Donato Di Matteo.

La mostra propone un percorso fotografico e documentario che ha per oggetto, per la prima volta, la millenaria storia delle comunità pastorali migranti di due ambiti geografici precisi: il sud Italia (Abruzzo, Molise e Puglia) e l'Iran. Separate da migliaia di chilometri e da anni luce di storia, di eventi geopolitico-sociali, di sviluppo economico, le genti transumanti sono accomunate, ad ogni latitudine, da un'identità peculiare, profondamente influenzata dai propri mezzi di sostentamento, e cioè le greggi, da una visione della vita come eterno, continuo ciclo di eventi provvisori, dalla consapevolezza della fragilità delle opere umane e della transitorietà dell'esistenza, dalla marginalità rispetto agli accadimenti della grande Storia e rispetto ai cambiamenti avvenuti nelle società e nei paesi di appartenenza. In Italia l'economia pastorale, in passato una vera e propria industria capace di improntare interi territori, di dotarsi di "infrastrutture" complesse come la rete tratturale, con gli insediamenti su di essa gravitanti, in grado di generare un indotto di straordinaria importanza per il Meridione fino a qualche decennio fa, ha lasciato tracce significative sul paesaggio. Indiziata sin da tempi antichissimi, quando e' presumibile avvenisse in forme embrionali, a modesto raggio di spostamento, la transumanza, in particolare dopo la ristrutturazione amministrativa e politica operata dai Romani nei primi secoli dell'Impero (dal I secolo a.C. in poi), ha conosciuto un enorme impulso, divenendo forse il più grande fenomeno di migrazione interna del nostro paese fino alle soglie del XX secolo. 

Oggi da noi la transumanza originaria può dirsi scomparsa, in ragione del tramonto dell'economia di cui era il sostegno, della riduzione significativa dei capi di bestiame coinvolti e dei pastori che ne erano protagonisti, della modernizzazione delle sue forme. Nonostante questo, parte della rete tratturale sopravvive, sulle "autostrade erbose" i piccoli insediamenti, i ricoveri, le chiese disseminate nei territori attraversati, tracce della devozione dei pastori, testimoniano un mondo che vale la pena di conoscere e conservare non nostalgicamente ma come patrimonio di cultura viva. E infatti segni importanti di una sensibilità e di un'attenzione sempre più vive verso la conoscenza e la tutela dei tratturi si colgono nelle tante iniziative che in Abruzzo coinvolgono questi percorsi, proposti ad un pubblico in crescita di turisti "camminatori" interessati a esperienze non di massa, che offrano autenticità, scoperta, natura e storia. Dall'altra parte, nello sconfinato Iran delle aree montane del nord e dei desertici territori meridionali, le genti nomadi o semistanziali sopravvivono tenacemente e in forme autenticamente conservative, mantenendo in vita modi di occupazione e di insediamento nel territorio, sistemi di regole e convenzioni sociali, tradizioni e cultura, insomma un mondo rarefatto nelle sue forme materiali quanto resistente nelle sue categorie mentali. 

Le immagini fotografiche sono state scattate in Abruzzo, Molise e Puglia, le tre regioni italiane maggiormente interessate in passato dal fenomeno della transumanza, e nel corso di diversi viaggi in Iran dove le comunità nomadi di etnia Talesh nel Nord sono ancora dedite alla pastorizia e praticano la migrazione stagionale verticale delle greggi dalle zone montane verso le quote più basse, mentre nel sud desertico gli spostamenti dei Qashqai avvengono "orizzontalmente" su vasti territori.Lungo il percorso principale dell'esposizione, che allude ai tratturi d'Abruzzo e alle "vie delle tribù" iraniane, nel quale le immagini "guardano" il visitatore, alcune deviazioni conducono agli approfondimenti sui 5 ambiti "regionali": Abruzzo Molise e Puglia per l'Italia e Nomadi Qashqai e Talesh dell'Iran. Dalla contemporaneità, immediatezza e immaterialità delle immagini fotografiche, alla vita materiale, suggerita da oggetti, prodotti, utensili legati alle attività della pastorizia, alla cura del gregge, al lavoro delle donne, soprattutto alla lana, elemento cardine dell'economia delle popolazioni pastorali e filo conduttore della mostra. Al di là dei contenuti scientifici e del taglio particolare, che integra fotografia e documentazione etnoantropologica, dato al tema della transumanza, già più volte trattato in mostre, manifestazioni culturali e iniziative specialistiche, riteniamo che la mostra in oggetto offra uno sguardo alternativo e inedito, per l'accostamento di due realtà diversissime ma con lati comuni interessanti e suggestivi. 

L'affinità di fondo più forte è il ciclico viaggio delle greggi sulle vie naturali, i tratturi in Italia e le "vie delle tribù" in Iran, seguendo solo ed esclusivamente i ritmi stagionali della terra. Affine è il ricco sistema di attività, mestieri, saperi e conoscenze fiorito intorno alla pastorizia, con i suoi tanti risvolti economico-sociali. Comune, pur con le inevitabili varianti locali, l'economia della lana. Ma dal confronto emerge anche il passaggio, ormai concluso pienamente in Italia, da fenomeno collettivo, di comunità, ad attività individuale, imprenditoriale: da noi quella transumanza non ha più alcun rapporto di continuità con il passato, non esiste più nelle sue forme originarie perché e' scomparsa la società che l'aveva espressa. E' curioso che oggi sulle nostre montagne si incontrino greggi di pecore quasi sempre guidati da pastori non italiani, ma curdi, macedoni, armeni. Di contro, in Iran, le etnie pastorali sono ancora nomadi, numericamente rilevanti e coese, si muovono ancora nei territori dei loro antenati, mantengono inalterate le loro identità, proseguono le loro tradizioni millenarie pur con alcune "concessioni" alla modernità, come le automobili e i cellulari. 

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Lungo la fragile, eppure persistente, rete dei tratturi che segna i paesaggi del meridione d'Italia, dall'Abruzzo alla Puglia, scorrono centinaia di anni di storia del nostro paese, attraverso la muta epopea dei pastori e delle greggi transumanti che seguendo i ritmi della natura, a settembre e a maggio, si muovevano dalle montagne al mare e viceversa, alla ricerca del proprio sostentamento. La pastorizia è fenomeno antico ed è stato in passato un formidabile volano economico per i territori interni, così importante da aver avuto regolamentazione legislativa a partire dal 1447 quando re Alfonso I d'Aragona istituisce la Dogana della mena delle pecore in Puglia, con cui si rendeva obbligatoria la transumanza per chi avesse più di 20 pecore. Da allora la civiltà pastorale ha costruito se stessa con la fatica, l'eterna ripetizione di atti, gesti, riti, e ha costruito un sistema economico, culturale, di insediamento territoriale, complesso e articolato, spesso in dialettico contrasto con l'agricoltura, cui finirà per soccombere solo all'inizio del '900 quando i pascoli del Tavoliere di Puglia verranno affrancati dai vincoli che ne avevano impedito la coltivazione. Il mondo pastorale in centinaia d'anni ha lasciato impronte sulle terre che le greggi attraversavano, ha generato usi, costumi, gerarchie sociali, filiere produttive connesse alla lana e ai derivati del latte, procedure giuridiche, oggetti, culti e rituali sacri con figure di santi veneratissimi, come Michele Arcangelo, e un sistema di saperi ricco e multiforme del quale siamo tutti eredi e custodi. Se la transumanza vera e propria non esiste più, esiste però la pastorizia, per la quale oggi più che mai dobbiamo parlare di impresa armentizia, tenacemente voluta da imprenditori, pastori, operatori che con scelta consapevole e fortemente identitaria continuano antiche tradizioni con i modi e i mezzi della contemporaneità, dando luogo a produzioni d'eccellenza. Questa nuova generazione di pastori "resilienti" sta riportando in vita anche luoghi e distretti territoriali che la globalizzazione economica e culturale trascura e che invece possono essere inseriti in circuiti turistici alternativi in grado di valorizzare la nostra regione in tutti i suoi aspetti.

La civiltà pastorale che in Italia ha assunto le forme peculiari della transumanza, lo spostamento stagionale di pastori e greggi sostanzialmente in due limitati periodi dell'anno, tra i monti dell'Appennino abruzzese e i pascoli del Tavoliere di Puglia, in Iran, l'antica Persia, è ancora oggi, come nei secoli passati, autenticamente nomade. In un paese sterminato, grande 5 volte l'Italia, finora isolato dal resto del mondo per vicende politiche e storiche ma oggi impegnato in un processo di apertura nel quale l'Italia è un protagonista precoce e attento, convivono aspetti culturali, modi di vita, tradizioni, usi, modi di pensare, ancora profondamente antichi, ma anche straordinari lieviti di modernità, soprattutto nelle grandi realtà urbane, dove vivono milioni di persone di diversa etnia. Negli altopiani centrali semidesertici o sulle montagne del nord, spesso ricche di vegetazione e acqua, si muovono ancora nelle terre dei loro avi, secondo gli ancestrali ritmi della Natura, i nomadi Qashqai e Talysh, due dei gruppi migranti che popolano ancora l'Iran moderno. Entrambe le etnie allevano pecore, il loro principale mezzo di sostentamento, dalle quali ricavano latte e lana. Con quest'ultima le donne realizzano tessuti e i tappeti che hanno reso la Persia nota in tutto il mondo. Tenacemente attaccati alle loro tradizioni e ai loro costumi, i popoli migranti si spostano in comunità compatte, uomini, donne, bambini, vecchi, talvolta sulle blu car, mezzi indistruttibili sui quali caricano tutti i loro averi, che di recente hanno affiancato gli animali da trasporto. I Talysh del nord costruiscono capanne in legno, pietre e fango per proteggersi dai rigori del clima montano, e in alcuni casi diventano coltivatori stanziali di riso e di the, i Qashqai erigono tende scure foderate all'interno con i loro multicolori tappeti e tessuti. Entrambi i "popoli della lana" hanno mantenuto la loro fisionomia peculiare e la loro identità culturale anche all'interno dell'Iran moderno.


Ideazione, progetto scientifico: Mauro Vitale, Paola Riccitelli 
Percorso allestitivo: Lucio Rosato 
Studi antropologici e testi catalogo: Adriana Gandolfi (Italia), Meisam Navaiean (Iran) 
Coordinamento, guida e interprete; Sima Jahandideh - Persian Swan Tour (Iran) 
Organizzazione: Antonio Corrado Abruzzo Avventure
Fattitaliani

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