Libri, "Seduttori seriali. Storia di un’epoca mai raccontata". Intervista a Michele Lo Foco

Martedi 12 luglio alla libreria  KOOB di Roma è stato presentato il nuovo libro di Michele Lo Foco "Seduttori Seriali", edizioni Bideri. L’autore fino all’anno scorso non aveva trovato la chiave giusta per poter parlare di un ambiente che lui stesso ha vissuto per tanto tempo.
“Mi è piaciuto raccontare il modus vivendi di alcuni playboy di un’epoca che si colloca tra la Dolce Vita e la Milano da bere. Sperperavano denaro per continuare a vivere in maniera godereccia, frequentando bei posti e belle donne, grandi ristoranti. Ciò che ho voluto significare con questo ritratto è l’unicità di questo periodo al quale negli stessi anni nasceva una forma di rivoluzione ed anche un nuovo meccanismo sociale visto che il ’68 ha coinvolto tutti i giovani e soprattutto strati sociali che fino a quel periodo non si erano agitati più di tanto. Avvenivano anche fatti tragici, scontri sociali importantissimi. Il mondo che ho descritto, non solo era completamente estraneo a questi movimenti ma neanche li prendeva in considerazione. Tra i due mondi non c’era nessun tipo di contatto. C’era un’indifferenza totale riguardo a tutto ciò che succedeva intorno al loro ambiente. Era un mondo in cui loro prendevano il massimo di ciò che potevano, non c’era nessun altro tipo di illusione. Alcune storie le ho vissute anch’io, altre le ho dovute inventare per esprimere al meglio un’ambiente in cui ho vissuto insieme ad altri personaggi del libro come Aldo Della Gatta che è un po’ il filosofo del mio libro che non faceva parte dei playboy ma era l’emblema dei giocatori professionisti, il suo lavoro era giocare a poker settimane intere, sceglieva i luoghi dove andavano a giocare gli altri professionisti perché lì trovavano gli industriali che amavano giocare con i professionisti ed era una vita anche faticosa, stressante. Nessuno ne è mai uscito in maniera tranquilla. Poi c’era Rapetti che non era un uomo pericoloso, giocava a carte, gli piacevano le belle donne ma non aveva nessun desiderio di competere socialmente o di sentirsi superiore. Poi c’erano i ricchi che facevano parte di quel mondo ma non avevano le stesse logiche. Parisi, Rapetti, Gigi Rizzi in qualche modo si guadagnavano il loro posto. Gianni Agnelli aveva tutto anche se a quarant’anni ancora doveva cominciare a lavorare, possedeva macchine, barche, era un bell’uomo per cui era egli stesso oggetto delle signore, aveva delle amanti straordinarie di cui ho parlato anche nel libro, una su tutte Silvia Monti che era una delle donne più belle di quegli anni, però non l’ho mai considerato un playboy. Le accoglieva tutte e le gratificava ma era un uomo molto ricco, alla fine del libro quando Roma comincia a perdere il suo fascino, i playboy si spostano verso Saint-Tropez, Londra, New York, dove alcuni di loro trovano anche la morte. In quel periodo lì nascono i miti dei Magnati Arabi, con gli assegni giganteschi, con le donne più belle. Loro non erano playboy erano uomini che spendevano quasi due miliardi al mese per mantenerle, fare loro i più bei regali. I playboy erano uomini di grande fascino, spregiudicatezza”.
Quale verità svela il sottotitolo “Storia di un’epoca mai raccontata”? 
Che non c’è stato mai nessuno che sociologicamente o cinematograficamente abbia saputo interpretare quel periodo. Un po’ perché era veramente un ambiente in cui non giravano artisti o registi particolari. Sorrentino con “La grande bellezza” non ha raccontato quegli anni ma il degrado della maturità, la decadenza di una certa intelligenza, decadenza “nobilastra” che c’è a Roma e che chiamano “generone” e che si vede su alcuni siti quali Dagospia o Cafonal. Ritengo che nessuno lo abbia descritto perché non c’era nessuno che lo conoscesse a fondo.
Nel libro stupisce la “descrizione filmica” di una gioventù che va dai 25 ai 35 anni, accomunati da un’insaziabile curiosità. Come c’è riuscito?
Rispetto a quella di oggi, la gioventù di allora aveva l’ambizione di ritrovarsi, di partecipare alle cose belle che la vita offriva. Era una generazione che pur di stare bene avrebbe fatto di tutto. Si viveva nella trasgressione per assenza di morale mentre dall’altra parte c’era un mondo in forte evoluzione in cui i giovani richiedevano un grande impegno sociale, un ruolo diverso nella vita, per la prima volta si ribellavano ai genitori. Si era creata una forma di rivoluzione sociale totale. Tutto questo era assente nel mondo dei seduttori seriali, la famiglia era assente, la competizione si basava sui soldi. Era una società che aveva bisogno di soldi e si era disposti a fare qualsiasi cosa pur di averli. Oggi quel mondo si è ridotto ai Calciatori ed alle Veline. E’ solo lì che si ripete lo stesso meccanismo. Non c’è ricerca di cultura, ambizione, è tutto basato su una sola serata. Non ci sono più dei riferimenti. Oggi non ci sono più uomini ma sono stati sostituiti dalle donne, Alla fine il libro finisce con la morte o con l’allontanamento di queste persone che non hanno lasciato eredi.
Da chi ha preso spunto per la figura di Mirco? 
Mi serviva un personaggio che avesse dei miei riferimenti personali come esperienze ma poi l’ho utilizzato come si usa nelle fiction per portare avanti il discorso e poterlo illustrare agli altri. D’altra parte il Mirco della situazione o Angelo Donati il marito di Milly Carlucci e tanti altri ne sono usciti bene. Gli altri sono morti anche in maniera tragica, Rapetti è stato buttato giù da un grattacielo.
Esistono ancora personaggi come Gigi Rizzi e Porfirio Rubirosa? 
Non ci sono perché non c’è più lo spirito di allora, i soldi hanno avuto una prevalenza sulla personalità, le donne si sono imposte sugli uomini. E’ più facile trovare una playgirl piuttosto che un playboy. Non avevano nulla da lasciare, salvo cose negative.
Il libro permette di guardare dal buco di una serratura un’epoca che abbraccia tutti gli anni 70. E’ scritto in maniera cinematografica, Sbircia in un Universo in cui la mondanità si svolgeva anche nelle camere da letto. Voce narrante è Mirco che vive l’ambiente e lo esplicita anche al lettore. Potremmo paragonarlo ad una macchina da presa che ci fa conoscere i luoghi della realtà più torbida e segreta. Si parla di gioco, di sessualità legata al denaro che spesso è una mercificazione del corpo che viene fatta in maniera ludica. Il Carpe diem viene vissuto in maniera effimera e diventa anche una realtà interiore. Compare spesso la dicotomia tra essere ed apparire. Mirco come noi tutti si barcamena tra sogno e realtà. Il non detto è ciò che noi intuiamo e non leggiamo. Il tutto è irripetibile. In qualche cosa ricorda le atmosfere dei film francesi di quegli anni. Chi legge può adattarlo ad un’emozione vissuta o da vivere.
Durante la presentazione, una ragazza ha chiesto: “L’amore esiste”
Aldo Della Gatta ha risposto “L’amore è uno stato di equilibrio tra la guerra ormonale ed il controllo del cervello”!
Elisabetta Ruffolo



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