Diego Basso, l'intervista di Fattitaliani al direttore d'orchestra: la passione fa la differenza

Diego Basso, grande Maestro, Grande Uomo, la musica gli scorre nelle vene, nell’anima e nel cuore. La musica è la vita. Un “dono prezioso” che porta avanti e che vuole trasmettere ai giovani con grande umiltà.

La musica intesa come “suono dell’Universo” esisterebbe comunque anche senza l’uomo?
Credo di sì. Sentiamo dei suoni, li captiamo ed a volte non sappiamo da dove arrivano, chissà cosa vogliano dire perché magari nel nostro mondo pensiamo soltanto al suono fatto con la cordatura a 4,42 del La, invece magari nell’Universo non sappiamo quali concerti e quale musica troviamo. Secondo me in una visione ampia, sicuramente ci sarà qualcosa. È anche per questo che l’Universo esiste, altrimenti esisterebbe soltanto la Terra.
Cos’è per Lei la musica?
È la vita. La musica o ti appartiene e l’ascolti, oppure ce l’hai dentro e quindi vivi della musica. Qualsiasi tuo riferimento diventa la musica. Ho fatto delle scelte radicali di vita, per la musica. Oggi dicevo ai ragazzi dell’Orchestra giovanile che non devono assolutamente perdere la fiducia nella musica, se loro ci mettono voglia, passione, vita, la musica li farà felici comunque a prescindere dal guadagno che ne ricaveranno.
Diventare Direttore d’Orchestra, prevede anni di studio e di sacrifici, qual è la spinta che la fa andare ancora avanti?
Perché mi piace, per la passione che è l’elemento che fa la differenza. Qualsiasi lavoro, se si fa per passione, lo si fa meglio e soprattutto fa stare bene con se stessi e con gli altri. È questo lo scopo.
Quando ha scelto questo mestiere a chi si è ispirato?
Sicuramente a Lorin Maazel. Lo adoro e lo adoravo fin da piccolo quando vedevo i Concerti di Capodanno. Per me è stato un grande Maestro, poi una volta, quando ancora non facevo solo il Direttore, ho visto una generale di Riccardo Muti alla Scala e per dieci giorni non ho più capito niente, ero in una confusione totale, la magia di quella sera mi ha mandato veramente in tilt. Sono state le due persone che hanno segnato la mia scelta di vita. Ho iniziato giovanissimo, a sedici anni a dirigere i Cori, prima quello parrocchiale e poi quello degli Alpini. Ho scelto la Direzione, perché sentito che era ciò che mi piaceva e volevo fare questo.
Qual è stato il momento più difficile della sua carriera?
Non ho il ricordo di una difficoltà enorme ma ci sono tanti momenti importanti, ad esempio il Concerto al Senato con Il Volo. Arrivare lì, l’unica volta che il Senato fa la seduta fino alle otto del mattino, non poter provare ed andare in diretta in Mondovisione. Sono momenti di grande tensione ma anche momenti di grande serenità. Per fare quello che faccio non basta studiare, bisogna avere la fortuna che “qualcuno” ti abbia dato qualcosa in più per farlo. Un dono, ringrazio sempre il Signore, papà e mamma che mi hanno dato questo dono. Per me fare il Direttore è la cosa più semplice del mondo, mi viene naturale. Non sono figlio d’arte e neanche i miei figli fanno il mio lavoro. Sono un momento di passaggio tra due generazioni.
Il peggior difetto di un Direttore d’Orchestra?
Non essere se stesso credo sia la cosa peggiore, voler fare qualcosa che non si è capaci di fare. Ognuno di noi deve avere l’onestà di fare ciò di cui è capace. Vediamo in giro delle situazioni che non stanno più né in cielo né in terra. In Italia purtroppo ci sono delle situazioni, specialmente nella musica pop, che sono inguardabili. Il Direttore ha un ruolo importante, non è che si mette lì tanto per fare. Per essere lì devi avere un pensiero, devi comunque aver rispetto di chi è davanti a te. Devi conoscere per dire e fare delle cose.

Vista la situazione della musica di un certo livello in Italia che cosa la spinge a rimanere?
È sempre la passione per quello che faccio. Arrivo da un’esperienza in Cina, dove ho diretto la terza orchestra “Guangzhou Simphony Orchestra”. Stupendi, bravissimi, importanti, però quando si vuole fare un fraseggio all’italiana, non ci porta via nessuno. Per fortuna direi, perché siamo caciaroni ma quando c’è da mettere il cuore, siamo unici. Se non fosse così, loro sono bravi in tutto ed a quel punto, potremmo stare a casa. Invece, possiamo ancora andare in giro per il mondo a fare questo.
Se fosse in suo potere far rivivere un Grande del passato, chi sceglierebbe?
Uno dei più grandi del passato è stato Herbert Von Karajan, una volta ho visto una prova su YouTube, non ricordo quale fosse l’orchestra ma rimasi esterrefatto. Finisce la prova e s’incavola perché avevano fatto un errore. A quel punto ho detto “non capisco niente, faccio questo mestiere e non me ne sono accorto”. Siamo su una dimensione completamente diversa. Farei rivivere anche Lori Maazel, il mio idolo. A me piaceva perché era il Direttore “imbacchettato”, perfetto ma aveva un cuore ed un’anima. Il suo assistente mi raccontava che andava a preparare l’orchestra e sudava sette camicie per fare in modo che tutto fosse a posto al suo arrivo. Quando il Maestro arrivava per la generale, bastava che battesse la bacchetta sul leggio e l’orchestra faceva delle cose straordinarie. Parliamo di Eccellenze assolute.
Se Le dico Musica… è scuola?
Dovrebbe essere… dovrebbe. È un argomento molto difficile ed aperto. Dalla Riforma dei Conservatori ed a tutto quello che va dietro. Non c’è coordinamento, perché la musica non nasce così, i ragazzi che si diplomano a quattordici anni, sono dei fenomeni. Molta musica nasce anche da persone che non sanno di essere musicisti e quindi, per dare la possibilità a tutti, bisognerebbe che la musica fosse nelle scuole elementari e medie e non solo in quelle ad indirizzo musicale, che si facesse a tutti i livelli come già avviene all’estero e che non si studiasse solamente il flauto dolce. Per la parte professionale, quando si fanno le riforme, bisognerebbe che si facessero con intelligenza e pensando alle riforme e non ad un fatto solamente politico che dopo cinque anni, cambiato il Governo, cambia la Riforma e si riparte daccapo e non si capisce niente; il Conservatorio diventa Università, ma i Licei Musicali non sono strutturati, i Licei musicali dove sono? Dieci anni che se ne parla ma non c’è una correlazione. Studi uno strumento, ti diplomi dopo cinque anni ma se prima sei un talento, cosa succede? In Italia c’è un po’ di confusione su questo tipo di cose. Altra cosa importante è che moltissimi musicisti vanno a diventare professionisti all’estero, ciò fa pensare. È nella natura dell’Italia essere Terra di Poeti, Santi, Navigatori e Cantori. La musica lirica è nata qui, è un peccato non fare un percorso molto più strutturato per creare delle scuole specifiche.
Si è musicisti anche senza saperlo” come spiegherebbe la musica ad un profano?
Ognuno ha la musica dentro come un seme, c’è chi lo fa germogliare e chi no. Quando germoglia, può farlo in mille modi. Credo che la musica sia qualcosa che ti accompagna sempre, non ho mai sentito una persona che non ascolti musica, essa è la colonna sonora della nostra vita. Partiamo dalla cosa più semplice, la ninna nanna che ti canta la mamma. L’esperienza di far sentire la musica ad un bimbo in grembo è incredibile perché cambia quello che lui percepisce. La musica è fatta di vibrazioni ed anche se una mamma è stonata, la ninna nanna è bellissima, il figlio che l’ascolta, prende sonno comunque. La musica apre un mondo che è incredibile, è un linguaggio universale, lo dicono tutti ma non tanto per dirlo, è veramente qualcosa di forte.
Mi racconta una giornata tipo con Il Volo?
Se l’Orchestra è nuova perché non ha fatto qualche data prima, al mattino c’è la prova con l’orchestra, al pomeriggio c’è una prova con i ragazzi e con l’Orchestra, la sera c’è il concerto. Se invece l’Orchestra ha già fatto altre date, si prova nel pomeriggio e la sera si fa il concerto. Questo è il nostro lavoro, trasferendoci da una città ad un’altra.
Secondo Lei perché i giovani tendono ad allontanarsi dalla musica classica ed a volta alcuni addirittura la disprezzano?
Se la musica non si conosce, non si ascolta, se nessuno gliela fa sentire, è impossibile apprezzarla. Un ragazzo sente ciò che gli viene proposto e sceglie. Se la musica classica, viene presentata come musica per i vecchi è difficile che possa avvicinarsi a questo tipo di musica. E’ dovere di tutti noi, dalle Istituzioni alle famiglie, far ascoltare un po’ di musica classica magari spiegandogli perché. Pensiamo al fatto che l’Opera è stata scritta per il popolo. Una volta tutte le persone meno abbienti, umili cantavano le arie della lirica. Era normale come cantare il pezzo pop di oggi. In seguito la lirica è stata strutturata perché diventasse una cosa per persone importanti, una cosa di nicchia. Non riusciamo a riempire l’Arena, i Teatri. Sembra una follia, vediamo cantanti riempire gli stadi, sarebbe giusto che lo facesse anche la lirica. Perché non è fruibile da tutti? I prezzi dei biglietti sono folli, non riusciamo ad esportarla all’esterno di un Teatro, non portiamo i ragazzi a sentirla. Le radio non mandano mai un pezzo lirico. Quando Il volo interpreta “E Lucevan le stelle”, viene giù il Teatro. Lo stesso succede con altri pezzi lirici. Le standing ovation arrivano sui pezzi classici e sono bambine e ragazzine che ascoltano i pezzi pop. La gente recepisce se glieli fai ascoltare, altrimenti no. Nell’800 sul grammofono si ascoltava Verdi che era un autore “pop” nel senso che era un autore di Opere ed erano quelle che funzionavano.
A volte i ragazzi pur amando la musica classica non ne parlano con i coetanei perché li deridono.
È la conseguenza di ciò che dicevo prima. È diventata una musica per vecchi. Questo lo abbiamo creato noi, quindi dobbiamo essere tutti a chiederci il perché. Non è possibile che una musica del popolo sia diventata di nicchia. Il percorso da fare è quello di renderla fruibile a tutti. Fare in modo che i ragazzi la sentano, per poterla cantare. La grande melodia italiana, l’abbiamo inventata noi. Le arie di Puccini, Verdi, sono nate qua. Siamo noi che l’abbiamo creata e poi gli americani l’hanno trasformata in musical, in operetta. Tutto questo è l’evoluzione ma, manca sempre la fruibilità. Bocelli ha fatto un passaggio con La Nuova Romanza Italiana di Sartori. Con “Con te partirò”, è stato un modo nuovo di fare musica. È andato a toccare delle corde che avevamo dentro e che come dei germogli, innaffiandoli, li ha fatti crescere. Ha aperto una nuova era, ed è stato facile far esplodere questo tipo di musica. È compito morale di tutti far rivivere la lirica e la musica classica per renderla fruibile a tutti. Nelle trasmissioni televisive, la lirica va alle tre di notte. Rai5 fa qualcosa ma non abbiamo nessuna trasmissione nelle Reti ammiraglie della Tv di Stato che si occupi di lirica. Le Radio non mandano nulla che non sia commerciale. I ragazzi de “Il volo” stanno portando alla luce brani che prima non si conoscevano ed è un fatto importante. Speriamo che si riesca anche a portare “O paese do sole”, gran parte di quelli che sono venuti ai concerti precedenti, non conoscevano neanche la metà di questi brani ed è saltato per aria il Palasport, stasera sarà lo stesso. Queste canzoni sono canzoni scritte da Sartori, Tosti, Leoncavallo. Sono grandi melodie perché sono scritte da grandi compositori. Oggi nessuno fa l’autore, non è un periodo storico fortunato e questo bisogna anche ammetterlo. Non c’è più investimento sulle produzioni, perché tutto deve essere fruibile ed in un anno, un anno e mezzo deve sparire. Non ci sono più centomila copie per fare Disco d’oro. Devi fare cinque dischi d’oro per fare centomila copie. Quindi o non fai più il Disco d’oro o lo metti a ventimila. E’ un discorso commerciale, nel cambio di velocità anche la musica si è dovuta adeguare, “invece di vendere un milione di copie, vendo cento album a diecimila”. Non è la stessa cosa.
Elisabetta Ruffolo
Fattitaliani

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