di Goffredo Palmerini ROMA
- Prende avvio a Roma
la Giornata
delle Culture migranti tra Italia e Argentina, la
prima edizione della serie che si celebrerà il 25
febbraio
d’ogni anno, per fare il punto sullo scambio culturale tra i due
Paesi alimentato attraverso i processi migratori.
Appuntamento alle
ore 18, dunque, per “Il
giorno di Stefano”
presso Casa
Argentina,
in Via
Veneto 7,
sede
del Consolato Generale d’Argentina. Una riflessione a più voci sul
rilevante patrimonio culturale addensato in due secoli di migrazioni
tra l’Italia ed il grande Paese latino americano, il più italiano
del mondo per cultura ed entità degli italici in seno alla sua
popolazione. “Il
giorno di Stefano”
è un evento promosso ed organizzato dall’omonima Associazione
culturale, alla cui presidenza è Marina
Rivera.
Con questa iniziativa l’associazione intende avviare, in
collaborazione con Casa
Argentina,
una serie di attività culturali, didattiche e artistiche per
favorire una migliore conoscenza reciproca ed incrementare lo scambio
tra i due popoli, le cui migrazioni sono stati indotte da guerre
mondiali, esodi politici e situazioni economiche, sociali e
culturali. Il nome metaforico della Giornata nasce dal romanzo
“Stefano”
della scrittrice argentina Maria
Teresa Andruetto
- prossima l’uscita anche in Italia, con l’editore Mondadori -
che, ispirata dalla storia di suo padre, narra le difficoltà vissute
da un ragazzo italiano costretto ad emigrare in Argentina.
Intenso
il programma. La Giornata, dopo il saluto e la presentazione
dell’evento a cura dell’Addetto Culturale dell’Ambasciata
d’Argentina, Federico
Gonzalez Perini,
e delle organizzatrici Marina
Rivera
e Cristina
Blake
(Associazione
Culturale “Il giorno di Stefano”), prevede alle 18:15 un breve
video di Maria
Teresa Andruetto
e letture in spagnolo di brani del libro “Stefano”;
alle 18:30 “Italia,
andata e ritorno. La traduzione del viaggio di Stefano”
a cura di Ilide
Carmignani,
introduce Simona
Cives
(Casa delle Traduzioni - Comune di Roma), e reading di brani del
libro “Il
viaggio di Stefano”;
alle 19:00 la Tavola rotonda “Culture
migranti tra Italia ed Argentina. Narrazioni e immagini”,
introdotta e coordinata da Virginia
Sciutto
(Università del Salento), con gli interventi di Goffredo
Palmerini,
giornalista e scrittore, Maria
Rosaria Stabili
(Università Roma Tre) e Claudia
Zaccai (Università
di Roma La Sapienza); alle 19:40 “Culture
migranti tra Italia e Argentina. Voci e Musica”,
un concerto dell’Artificio
Vocal Ensemble
diretto dal M° Alberto
De Sanctis.
Casa
Argentina si
trova in uno dei luoghi più suggestivi del centro di Roma, in un
palazzo dal famoso architetto Gino
Coppedè
e costruito negli anni Venti. Considerato patrimonio artistico
e culturale,
è sotto la tutela del Ministero per i Beni e le Attività
Culturali. Le attività della Casa Argentina rispondono ai
principi ed alle finalità che ne ispirarono la creazione: non solo
la promozione
e la diffusione in
Italia dei diversi aspetti della cultura e della realtà del grande
Paese sudamericano, ma anche il mantenimento dei legami con la
propria nazione per gli argentini che per qualunque ragione si
trovino in Italia. Le attività abituali riguardano corsi
di lingua spagnola
e di cultura argentina, stage di tango,
corsi di teatro in spagnolo, ed altre iniziative culturali. Casa
Argentina dispone, peraltro, di una preziosa
biblioteca
con
oltre 4000 volumi. Ma ora torniamo brevemente a focalizzare le
migrazioni che hanno interessato Italia ed Argentina
“Quasi tutto in Argentina può essere collegato agli italiani”, scriveva Luigi Einaudi in un saggio pubblicato nel 1900 a Torino. “L’Argentina sarebbe ancora un deserto, le sue città un impasto di paglia e fango senza il lavoro perseverante, senza l’audacia colonizzatrice, senza lo spirito d’intraprendenza degli italiani. Figli d’Italia sono stati coloro che hanno creato il porto di Buenos Aires, che hanno colonizzato intere province vaste come la Francia e l’Italia; sono per nove decimi italiani quei coloni che hanno dissodato l’immensa provincia di Santa Fé, dove ora si diparte il grano che inonda i mercati europei; sono italiani coloro che hanno intrepidamente iniziato la coltura della vite sui colli della provincia di Mendoza, sono italiani moltissimi tra gli industriali argentini, ed italiani i costruttori e gli architetti dell’America del Sud, e italiano è quell’imprenditore il quale, emulo degli inglesi, ha costruito sulle rive del Plata per più di mezzo miliardo di opere pubbliche […]”. L’ardore del giovane Einaudi appare un po’ fuori misura, specie quando parla di colonizzazione dell’Argentina da parte degli emigrati italiani. Anche se sicuramente rilevante, e talvolta determinante, è stato il contributo italiano alla crescita e allo sviluppo d’un Paese sconfinato, ricco di enormi risorse naturali e di potenzialità economiche, sulle quali il talento e l’ingegno degli italiani hanno egregiamente operato. Come pure la cultura e il gusto italiano si sono fortemente innervati nelle espressioni culturali autoctone, determinando quella reciproca contaminazione che è cifra dell’attuale valenza culturale dell’Argentina. Certo è che di passi in avanti l’Argentina ne ha fatti dall’alba del Novecento, tra alterne vicende politiche ed economiche. L’America latina tutta è stata infatti l’approdo d’una straordinaria moltitudine d’italiani, a cavallo di due secoli, che hanno fortemente contribuito in quel continente alla formazione degli Stati, dal punto di vista economico, politico e culturale. L’Argentina è uno dei casi più eclatanti di questo processo. Basti pensare al fatto che oltre metà del Paese è di origine italiana, la percentuale più alta al mondo, con una comunità italiana in termini assoluti stimata in 20 milioni di oriundi, seconda solo a quella presente in Brasile. E davvero si riconosce, in Argentina, l’impronta italiana: nelle architetture, nello stile, nelle più varie espressioni culturali. E nella lingua e nella letteratura, come nella musica e nelle arti.
Ben
annota, infatti, Delfina
Licata
sul Dizionario
Enciclopedico delle Migrazioni Italiane nel Mondo
(SER ItaliAteneo, Roma 2014), nel lemma “Argentina”, uno dei
tanti redatti dalla grande studiosa di migrazioni sull’opera ideata
e diretta da Tiziana
Grassi,
della quale lei è stata coordinatore scientifico: “[…] Singolare
è il grado di integrazione che gli italiani hanno raggiunto in
questa nazione in tutti gli ambiti professionali e culturali. Il 50%
della popolazione argentina, compresi diversi ex Presidenti, vanta
un’origine italiana. Ancora oggi a Buenos Aires si parlano il
cocoliche
e
il lunfardo,
nati dalla fusione di più dialetti italiani con parole di origine
spagnola. L’Argentina è ancora il primo paese per numero di
cittadini italiani residenti (più di 665 mila) -
iscritti all’Aire, ndr - e
il secondo, dopo il Brasile, per numero di italo-discendenti. Si
tratta di una comunità, allo stesso tempo, giovane – grazie ai
riconoscimenti di cittadinanza e alle nascite all’estero – e
anziana a causa delle tre ondate migratorie che videro centinaia di
migliaia di italiani imbarcarsi dai porti della Penisola con
destinazione Buenos Aires, la prima tra l’Ottocento e l’inizio
della Grande Guerra, la seconda tra i due conflitti mondiali e
l’ultima nel secondo dopoguerra fino al calo degli arrivi e
all’inversione di tendenza dei flussi. […] L’emigrazione
italiana in Argentina risale però a molto prima addirittura
dell’annessione, nel 1815, della Liguria al Regno di Sardegna,
evento che spinse i liguri, abili navigatori, ad affrontare il lungo
viaggio spinti dal desiderio di arricchirsi. L’emigrazione italiana
in Argentina, quindi, non iniziò per opera di modesti lavoratori, ma
con gli intellettuali, esuli dei moti del 1820-21 e delle rivoluzioni
del 1848. La presenza dei genovesi sul Rio de la Plata divenne in
pochi anni così massiccia che indusse il Regno Sardo Piemontese a
inviare, nel 1835, un primo diplomatico per rappresentare, almeno in
teoria, gli interessi del commercio, della marina e degli stessi
sudditi. […]”
Allora
ben venga questa prima Giornata
delle Culture migranti tra Italia ed Argentina,
dove “galeotto” è il libro di Maria
Teresa Andruetto,
la storia d’un adolescente in fuga dalla povertà, che nel primo
dopoguerra emigra dall’Italia verso l’Argentina. Dopo
l’addio ai suoi affetti, Stefano parte per un lungo viaggio con la
valigia piena di sogni e di ricordi. La gita in barca e il naufragio,
il lavoro nei campi, ma anche il circo e la musica popolare italiana
fanno da sfondo alla storia. Una
lunga avventura, l’adempimento di una promessa. Dice l’autrice:
“Se un libro è un modo per conoscere, un modo di penetrare il
mondo e trovare il posto che ci appartiene, Stefano mi ha permesso di
avvertire il senso della fame, dello sradicamento, dello straniamento
di uomini e donne, come di coloro che oggi, migranti, vanno in cerca
di una vita migliore”. Si tratta quindi d’una delle tante piccole
storie che compongono lo sterminato bagaglio di esperienze umane
intinte nella grande Storia dell’emigrazione italiana. Una storia
narrata con una prosa limpida, coinvolgente, da una scrittrice
feconda e sensibile qual è Maria Teresa Andruetto. Nata nel 1954 ad
Arroyo
Cabral,
discendenza piemontese, insegnante di scuola primaria e poi
secondaria nella provincia di Cordoba, Maria
Teresa Andruetto
è autrice di romanzi, poesie, opere teatrali, saggi e letteratura
per l’infanzia. Argomenti a lei cari sono la ricerca delle origini,
la diversità culturale, la costruzione dell’identità individuale
e collettiva, l’universo femminile, le conseguenze inferte al suo
Paese dalla dittatura. Numerose le opere pubblicate, tra le quali 6
romanzi, 6 volumi di poesia, 15 libri di narrativa infantile, diversi
saggi e pièces
teatrali, contributi di narrativa e liriche in molteplici antologie.
Molti i riconoscimenti alla scrittrice, tra i quali spicca il
prestigioso Premio
“Hans Christian Andersen”,
conferito nel 2012 dall’IBBY (Organizzazione Internazionale del
Libro Giovanile), il più alto riconoscimento internazionale
nell’ambito della letteratura per l’infanzia, considerato nel
settore come una sorta di premio Nobel.